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Sigmund Freud. L’umanità oltre la scienza

Sigmund Freud. L’umanità oltre la scienza

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Sigmund Freud è sicuramente individuabile, nella storia del pensiero del secolo scorso, come un uomo di confine o, se vogliamo attribuirgli una dimensione ancora più consona al suo carattere, «di frontiera».
Dedicargli pertanto un lavoro in cui si vuole mettere in luce l’aspetto umano, che anticipa la sfera scientifica del suo pensiero, evidenzia una cornice del suo essere che trascende una sola connotazione, che sarebbe stata limitativa dell’ampiezza con cui lui ha osservato l’animo della persona. 
Freud, pervenendo alla consapevolezza che l’Uomo è dotato di un inconscio, ha espresso una sua concezione, stigmatizzata come eretica, che gli è costata la deplorazione dall’Ordine dei Medici di Vienna che mal tollerava studi eseguiti dai suoi associati che esulassero dalla esplorazione di entità non riconducibili all’organismo. Questa azione sanzionatoria non lo fece desistere, in quanto Freud restò persuaso che la persona si esprimesse come sintesi tra psiche e soma. Due aree del soggetto non disgiungibili e in costante complementarità fra esse.
L’umanesimo in Freud rappresenta, pertanto, quell’ambito che nutre la sfera delle emozioni, requisito che restituisce all’uomo la sua unicità di cui certamente la psicoanalisi ha dimostrato di rendersi interprete.
Nell’opera curata dal professor Tonino Di Natale l’umanesimo non solo è trattato ed approfondito, ma viene analizzato nelle sue molteplici dimensioni mediante pertinenti confronti: per quanto riguarda l’introspezione e dunque l’interiorità della persona, ma poi esplorando altri aspetti come il rapporto con la famiglia, con la religione, con la natura, con l’altro da sé, con la universalità.
Riguardo a quest’ultimo confronto, giova ricordare che il suo principale disce-polo, Carl Gustav Jung, approfondirà particolarmente questo studio, delineando l’inconscio collettivo nella sua cosmicità. L’opera compiuta da Di Natale, è il compendio delle corrispondenze che Freud ha avuto con personaggi anche molto distanti da lui, soprattutto per l’impostazione teistica.
Soffermiamoci sul dialogo che Freud, ateo, ebbe con il Pastore protestante Pfister sulla religione.
«Quando si tratta di corpo, anima e spirito, in campo religioso scritto, si fa confusione fra anima e spirito. […] Com’è da invidiare chi ha maggiori certezze di me in proposito!»1. Freud chiede lumi in merito. Pfister dà una sua spiegazione al riguardo, circa la separatezza che insiste tra il concetto di anima e quello di spirito. 
Per offrire una migliore disamina del confronto su questi due aspetti della immaterialità, ci viene in aiuto il libro sugli aforismi scritto da Tonino Di Natale che ha per titolo: «Parole di luce messe a nudo»2. In questa opera, l’anima, espressione delle sensazioni e riflesso astratto dell’uomo, viene presentata come «il vestito del corpo», che quindi muore con il corpo, che è la massa anatomica visibile finché vive. Altro è lo spirito che è la «realizzazione del progetto sensoriale» in quanto rivela concretezza, cioè quello che la persona lascia come testimonianza di sé dopo la morte, rispetto a quanto è riuscito a costruire nell’arco della sua esistenza. 
Troviamo un altro spunto di riflessione interessante nella lettera che Pfister scrive a Freud il 29 ottobre 1918. Il pastore protestante si chiede la ragione per cui non sia stato un credente a scoprire la psicoanalisi, ma un ebreo ateo.
Ne scaturisce la riflessione per cui la pietà, elemento coevo al cristianesimo, non è un requisito per investigare e scoprire attraverso intuizioni geniali. Non vi è traccia, cioè, tra gli uomini pii e devoti, della maturazione di simili risultati.
In sintesi, la psicoanalisi è di per sé l’elevazione dello stato di coscienza attra-verso cui si sono potuti stabilire grandi rapporti, inclusi quelli per investigare la viva verità in Dio. Pfister conclude, nel dialogo che ha intrapreso con Freud, che in lui c’è un germe di anelito alla conoscenza, al punto da ritenere che, mai ci sia stato un cristiano migliore di lui.
Vorrei, da ultimo, soffermarmi su un aspetto che sicuramente mi rende orgo-glioso come abruzzese e teramano, perché studioso delle scienze psicologiche. Mi riferisco al rapporto che Freud e la psicoanalisi hanno avuto con Teramo.
Il nome di Sigmund Freud è collegato alla città di Teramo per due circostanze: la prima riguarda la ricerca affannosa che il padre della psicoanalisi fece, con il proposito di venire a conoscenza della situazione in cui si trovava suo figlio Martin, ricoverato presso la Caserma Luigi Mezzacapo, ubicata nei pressi del Santuario della Madonna delle Grazie della città aprutina, che in quel periodo svolgeva la funzione di ospedale militare; la seconda ha per fulcro la fondazione della Società Psicoanalitica Italiana che avvenne a Teramo il 7 giugno 1925, ad opera di Marco Levi Bianchini, allora Direttore dell’Ospedale Psichiatrico «S. Antonio Abate» di Teramo che, oltre ad esercitare la professione psichiatrica, si è assunto l’onere di tradurre dal tedesco all’italiano varie opere di Freud. 
Levi Bianchini svolse una feconda opera di sperimentazione della psicoanalisi nella città di Teramo, fondando anche uno dei primi Dispensari di Igiene Mentale, che avevano sede solo in poche altre città italiane, col fine di prevenire le alterazioni psichiche a favore delle giovani generazioni.

Ernesto Albanello

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