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Industria e Censura: il caso Viviani

Industria e Censura: il caso Viviani

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La scelta di intraprendere questo lavoro nasce come raccordo con la mia tesi di laurea in Metodologia e Storia della Critica Letteraria dal titolo La fortuna critica di Raffaele Viviani discussa nel 2005 a conclusione del corso di studi quadriennale in Lettere con indirizzo moderno presso l’Università degli Studi di Salerno.

Oggi e come qualche anno fa, supportata anche dalla mia attività di docente di Lettere nella scuola secondaria di primo grado, parto sempre dal presupposto che il teatro, in ogni sua espressione, rappresenta una fonte inesauribile di sorprese ed un accrescimento culturale senza limiti.

Nel 2005 mi occupai di Raffaele Viviani, un drammaturgo napoletano, del secolo scorso che anche per l’avversione nei suoi confronti del regime fascista non ebbe il meritato riconoscimento critico nel suo tempo e per il quale si auspica tuttora una costante rivalutazione.

Complicato fu ricercare un percorso su quella che è stata la fortuna critica di Viviani, rischiando di frequente di imbattermi in alcuni limiti che necessariamente irrompono in ogni iter di ricostruzione teatrale e storica; problematiche connaturate con lo stesso evento teatrale.

Il teatro, infatti, è un qualcosa che si vive di sera in sera, di piazza in piazza, di teatro in teatro, quando inspiegabilmente e magicamente si instaura una comunicazione viva fra attore e spettatore e nonostante si possa scovare una serie vasta di fonti, come: zibaldoni degli attori, fotografie, filmati, recensioni critiche e testate giornalistiche, esso è testimoniabile e verificabile solo in via riduttiva.

Oggi, invece, il mio nuovo lavoro ha l’obiettivo precipuo di indagare con un taglio non solo storico, ma soprattutto sociologico l’Industria culturale e la censura nel Ventennio fascista strizzando ancora una volta l’occhio a Viviani.

Nel primo capitolo si studierà l’evoluzione dell’industria culturale nel periodo fascista in correlazione con la trasformazione del teatro e la sua conseguente massificazione.

Le motivazioni per cui il Fascismo ottenne il consenso dalla borghesia, lo stato sociale dell’arte nel primo Novecento, avvalorato dal pensiero di Habermas contenuto in Storia e critica dell’opinione pubblica, il tema della psicologia delle folle, saranno oggetto di indagine nel secondo capitolo affiancati dall’operato della censura fascista, anche in campo teatrale.

Raffaele Viviani e la dimensione sociale del suo teatro saranno il caso di studio nel terzo capitolo, diventando così, ancora una volta, occasione per far conoscere la vena artistica del drammaturgo stabiese, considerando che la sua opera anche a Napoli è nella maggior parte dei casi posta in secondo ordine rispetto a De Filippo, Scarpetta e altri.

La critica odierna risponde dicendo che Viviani era troppo grande per poter essere glorificato in vita; evidentemente la sua musa artistica era così particolare che non poteva essere compresa.

Egli era ed è, tutt’ora, un precursore dei tempi.

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