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Come ali di farfalla

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Come ali di farfalla: la poesia “leggera”

 

Cosimo Clemente è un poeta? Se la poesia parla direttamente dal cuore di un uomo al cuore degli altri uomini, se è consapevolezza della vita nella sua doubleface di gioia e di dolore, se essa è, nonostante una visione realistica della realtà, speranza e idealizzazione, allora il Clemente è un poeta. Se la poesia è esaltazione degli affetti, religiosità profonda, ammirazione della natura, canto degli afflitti e di tutti gli esseri nella loro grande umiltà, il Clemente è ancora un poeta. Se la poesia combatte la filosofia materialistica dell’avere a favore dell’essere, senza però doversi servire del verbo essere, come nelle lingue e nelle filosofie orientali (vedi in arabo il verbo “kana”), in cui si sottintende; se il linguaggio della poesia si serve di elementi essenziali, ossia di parole semplici per esprimere grossi concetti, si può confermare l’identità di Cosimo Clemente poeta. Cosimo Clemente è, però, ancor prima di essere poeta, un uomo, un uomo vero, dotato di forza, di sentimento, di ragione, e spesso, direi molto spesso, di saggezza. Le sue poesia si leggono come un affascinato navigatore segue le sue rotte, spesso misteriose travolto da furiose tempeste e talvolta illuminato dal sole ridente. La poesia di Cosimo Clemente può sembrare, a prima vista, “leggera” per la sua fluidità e per il suo versificare immediato. Come nello stile di William Wordsworth e di William Blake, nonché nei componimenti del nostro Giovanni Pascoli, il linguaggio usato è quello “veramente usato dagli uomini”, e, in questo senso, esso è veramente rivoluzionario rispetto alla poesia contemporanea più classicheggiante, rispettosa della metrica, ed essenzialmente ermetica nel contenuto, perciò circoscritta da un pubblico di lettori più ristretto. In tal modo la poesia di Clemente è una poesia a larga divulgazione, ovvero “democratica”, non solo nel linguaggio, ma anche nel carattere spesso universale dei suoi messaggi. L’amore per una donna (la perduta eppur “eterna” Felicia), il sentimento religioso per Nostra Signora e per quella Chiesetta a cui il poeta è tanto devoto, l’amore nella sua dimensione completa di spiritualità e corporeità, l’amicizia, il sogno, il ricordo, anche quello dei propri cari, la gioventù, il matrimonio, l’essere padre, marito e nonno, l’amore per quella ragazza dell’Est con evidente consapevolezza interculturale, il ricordo del grande papa Giovanni Paolo II, sono tutti leit-motivs di questa poesia rivoluzionaria, in quanto “leggera”. Ma voglio tornare alla domanda iniziale di questa presentazione, che mi onora come amica e come appassionata della scrittura poetica: Cosimo Clemente è un poeta? Poniamo il quesito dal punto di vista formale. In una seconda e più attenta lettura, che è inevitabile per il critico ma nasce spontanea nel lettore di queste belle poesie, è possibile notare stilemi e spesso suoni che appartengono alla poesia più alta. Emily Dickinson, poetessa americana, esperta delle più svariate forme di rima -interna, baciata, perfetta, imperfetta, semirima, assonanze e consonanze-, è un nome a cui ho subito associato quelle rime spontanee, molto musicali e spesso improvvise ed inaspettate, che appartengono anche alla grande canzone italiana “leggera” di Mogol e Modugno: leggiadria / poesia; vita / irta / scalfiscono / spine; delusione / amor; figlio / domani; consoli / giorno; duro / sentiero; vegetazione / verziere; profondo / esplosione; rosa / fascinosa; candida farfallina; farfallina / vicino; anfora / Rosario; comparsa / arte; versi sinceri e reali; mina / cammina; versi / preziose perle; gioia / ritrovi. E ancora, non mancano l’allitterazione, la ripetizione, l’anafora, e versi che straordinariamente si evolvono come in una spirale fino a far coincidere il primo verso con l’ultimo della strofa nel suo contnuum, rispettando una certa simmetria o geometria poetica, cioè quelle sottili sofisticazioni del poeta – ricamatore. Poesia leggera dunque, come era leggero il verso del poeta-pastore Robert Burns (Auld Lang Syne), quello del più nobile sacerdote della natura William Wordsworth e quello del Poeta-Profeta William Blake. Temi come la poesia nata nella ricostruzione del ricordo, la poesia esaltazione dell’Innocenza e dell’Esperienza, l’eterno / Eterno, il sublime, ricordano ensemble i massimi esponenti del preromanticismo e del romanticismo inglese. E’ dunque leggera la poesia di Cosimo Clemente? La risposta è affermativa per le ragioni riportate ed altre. Tra i tanti aspetti che colpiscono il lettore più attento vi è la saggezza del nostro poeta “cioffese”, il quale, come i grandi saggi cinesi e quelli orientali, esprime spesso “ex abrupto” la sue massime sentenze in forme linguistiche essenziali. Inoltre, la poesia del Clemente aiuta se stesso, e forse anche il lettore, a sentirsi più leggero in questo mondo contorto non esente dal male insidioso nelle sue molteplici forme: La poesia è terapia: “la poesia è consolante / è un calmante / dei problemi, / che cadono intorno a me. Concludo che queste poesie sono quindi leggere. L’autore è un uomo vissuto che ha perduto l’amata consorte, si è disperato per la propria malattia e le sue esperienze di umile e lavoro, proprio come il contadino solitario di Wordsworth (The Solitary Reaper). Egli è un uomo con la U maiuscola che continua, nonostante tutto a sperare, grazie alla sua orgogliosa riproduzione nei figli (di cui uno perderà) e nella nipotina (la splendida “farfallina” della silloge), grazie alla sua radicata fede religiosa, e forse in primis grazie ad una eterna fede poetica, che fa di lui un uomo non più solo.

Maria Rosaria D’Alfonso

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