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Tu mi ricordi il mare

Tu mi ricordi il mare

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C’è un sentiero ameno nel quale corrono celeri, come cerbiatti spogli ormai di neve, i frammenti di un pensiero che si allieta quando, al rintoccar delle ore di nuove stagioni, una giovane farfalla spicca il suo volo di libertà e fantasiosa Parola.

E così che, divagando, il mio pensiero viandante, al crepuscolo si sofferma e disegna nella mia mente i bordi di un’immagine dai tratti delicati, leggeri come sponda di mare, dove un ramo di autunno giunge a far da cornice per risplendere di sole ammiccante al riverbero di lune solitarie.

E, nella mia mente, protesa a ricercar contentezza quando una giovane penna riempie le pagine bianche di un libro, mi sovviene, da quei tratti amici, l’immagine di lei, Francesca, ramo d’autunno e farfalla, che costruisce la sua zattera di pergamena per navigare finalmente in quel mare che la invita a volare.

Conosco Francesca si può dire da sempre, eppure scorgo nuovi ed interminabili affacci che lei mi offre per invitarmi ad entrare in quel suo animo tanto delicato da sembrare uno zefiro corallino, sceso giù a valle da una pioggia di stelle.

Quest’ultimo affaccio che ella mi dona e ci dona, è forse quello che più ci permetterà di espugnare il suo magnifico animo, non per vincerlo, ma per assaporarne la compiuta bellezza.

I suoi primi passi verso la poesia sono infatti il varco che lei mi apre per sfogliare le pagine delle sue più intime emozioni, fino a ieri soltanto accennate dal calco di una timida matita, pronta a cancellare, oggi invece, fiumi di inchiostro, che come magma, si espandono per imprimere tracce indelebili del suo mondo… e sono tutto il mondo che mi basta per entrare nel suo universo, così semplice e puro, da sembrare complicato per chi ha smesso l’abitudine di colloquiare confidenzialmente con la semplicità.

Francesca mostra, senza trucco alcuno, tutta la fragilità di chi ha vissuto i suoi anni con la bellezza e l’affanno della sensibilità, zavorra e ricchezza che fanno da arredo agli animi più nobili ma mostra altresì tutta la forza di chi, conquistando giorno dopo giorno, piccoli granelli di consapevolezza di sé, non teme più la paura, ma fa di questa un viatico per costruire nuovi ponti per nuovi affacci e lo fa attraverso la scrittura, confermando quanto questa sia un mezzo di sublime approdo per conoscere e conoscersi.

Negli occhi e nelle parole di Francesca scorrono vagoni di testardo futuro, viaggi disegnati sui muri della tenerezza lasciati sul ciglio del sorriso, con i loro bagagli aperti, ad aspettare pezzi di lei che attendono di ricongiungersi per spiccare il volo.

Francesca, con le sue soste tra la folla dei pensieri, con le sue rime nude, strette nei pugni chiusi. Francesca così eterea da sembrare polvere, così solida e temeraria da sembrare roccia di incontaminata montagna, dove sentimenti ed emozioni hanno costruito la loro dimora di purezza per donarsi senza ritrosia a chi, con animo gentile, saprà varcare la soglia di quella dimora senza forzarne la serratura o mutarne l’essenza, perché Francesca non muterà ciò che in lei pulsa come battito eterno. L’amore, che in Francesca vive e si fa Luce, come sorgente ancestrale, non chiede Amore... chiede solo di non smettere Amore e Francesca non smette di credere, di amare, di lottare, di crescere… e lo fa con la forza e la fragilità di una donna, che col suo naso rosso di clown, è intenta a cercar le viole in quel mare, azzurro di vita che, porgendo al cielo la sua gota, le apre orizzonti smerlati tra i quali lievi saranno le Parole, canto prezioso del dolce moto dell’animo che ad esse si affida per attraversare l’ignoto che è in noi.

Filomena Domini

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