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Di emozioni, una miscellanea

Di emozioni, una miscellanea

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Di emozioni, un vulcano” o “Di emozioni, una marea”, oserei ribattezzare questa raccolta di poesie di Anna Giannattasio: poetessa feconda, che ha elevato la poesia a confidente di ogni sua emozione, orecchio sempre aperto ad ascoltare le pene quotidiane, a lasciare doverosa traccia di un percorso emozionale straordinario.

Il tema centrale, quasi unico, è quello del dolore e ne relaziona ogni aspetto, ne descrive ogni angolo, ne anticipa le mosse, ne sente i passi, il respiro, ne capta la feracità e ne sostiene l’assalto dietro le barricate della poesia, per scoprirne i segreti, per interrogarlo, per metterlo alle strette, quest’ospite invadente, che ha preso possesso della sua casa, del suo cuore, dei recessi della sua anima. “Ho smarrito i punti cardinali e come gli animali vado a istinto per trovar la via di casa mia”: versi che rappresentano una sintesi del suo stato nella poesia “Ho smarrito” e “Il senso del nulla si fa strada nelle contrade della testa” (Il senso del nulla).

Lei così schietta, combattiva, come un invincibile samurai, fende l’aria con la sciabola della Parola, nella speranza di allontanare la mala sorte, di respingerla donde è venuta, di annientarla, per respirare a pieni polmoni un’aria diversa, quella intravista nei sogni della giovinezza, quando il balenio delle speranze, saettando in mille colori accende la fantasia.

Quando reclina il capo, come un fiore nel furore della tempesta chiude i petali, rinserra le foglie e il suo gemito è muta preghiera, per raccogliere le forze rimaste. Per contrastare gli improvvisi fortunali, si aggrappa alla terra, perché più ci si erge nella furia e più si è a rischio; infatti, il vento spezza gli alberi e risparmia l’erba.

Ma, quando può, urla nello strazio del suo cuore martoriato, perché vicini e lontani possano, all’ascolto, levigare la crosta che l’imprigiona, quella che hanno accumulato le concrezioni dolorose, come un carapace, spesso ed ingombrante. “Questa vita la barrico in un guscio di cui nessuno può oltrepassare l’uscio” (Fragile). “In questo Giardino d’inverno dove il sogno è a testa in giù, come una stalattite, dove ogni radice, nel gelo si è addormentata, sono una pianta avvizzita che non si riprenderà più dal rigore della vita” (Giardino d’inverno).

C’è una breve poesia ch’è la perfetta sintesi della sua vita ed è “Groviglio”: “In questo groviglio di serpi e di lamiere, stento a trovare il bandolo della matassa; della mia vita già la carcassa rivedo a terra, come arrugginito residuo di guerra”.

Quale soccorso possono dare i frettolosi viandanti di questo mondo, se non sono essi stessi toccati da pene simili? “Il silenzio non ha prezzo, è il solo mezzo ch’io conosco, per sopportare l’umana incomprensione nessuna mano a sostenere la mia croce fragile l’anima dentro un corpo rassegnato al dolore” (Fragile).

“Un futuro chiedevo per raccogliere un po’ di quel che avevo seminato: si è sgretolato quel muro su cui né muschio né speranze hanno tempo di attecchire” (La resa dei conti). “Come cane che fiuta la selvaggina, dentro di me ricerco ogni mattina, del viver la ragione, per sopportar una vita così meschina” (La ragione del vivere).

Certo, l’ amore potrebbe mitigare qualsiasi travaglio: poter contare su chi ci ama, in qualsiasi frangente è balsamo per tutte le ferite, ma lamenta: “Ho inseguito” l’amore tutta la vita non c’è mattino che non trovi, schiacciato sul cuscino, quel sogno di ieri attorno al cuore: doppio filo spinato che penetra nel costato” (Ho inseguito).

Nella poesia “Uomo d’altri tempi” parla di suo padre, anch’egli poeta e di come il suo ricordo l’accompagni e influisca beneficamente sulla sua vita.

Altro grande ricordo è quello di sua madre: “Diversa da ogni altra, con la sua smisurata fede e la sua semplicità in compagnia dei suoi libriccini di Santi e di novene andata via in pace con se stessa e col Signore, portandosi via il mio cuore” (Ritratto di madre).

Ma, anche l’Amicizia, ch’è la forma più nobile dell’amore, può sollevarci, infatti, afferma riferendosi al fiore di questo impareggiabile sentimento: “Non farlo inaridire: vedresti te stesso un po’ morire, nella solitudine del tuo dolore” (L’amicizia).

E’ innegabile che, come donna, sia la creatura più forte dell’Universo, è lei “il perno della famiglia, della società per l’innegabile capacità di amare senza riserve” e aggiunge “neanche con un fiore tu, uomo, la dovresti sfiorare” (Neanche con un fiore).

La sua poesia, non è incentrata soltanto sulla sua dolorosa esperienza personale, guardandosi intorno vede i gravi problemi, come la droga, in cui sono coinvolti molti giovani e dedica loro la poesia “La trappola”.

Non si deve tacere su cose così aberranti, infatti, un alto monito rieccheggia nella poesia “Come zombi”: “Zittire è due volte morire”.

Per fortuna, ci sono momenti in cui tutto sembra sospeso, in cui ogni dolore si cheta e “nel cuore ritrovo il perduto senso di pace, e mi riappacifico con quel Dio un po’ dimenticato, che di giorno non ho tempo di invocare. Lo ritrovo nel pulsare delle stelle e nell’esile fil di fiato, che gli chiede quel perdono mai osato” (Nell’aria immobile). “Mai osato”, infatti, aveva già affermato: “Non ho preghiere per esorcizzare la mia condizione” (Non ho preghiere).

Quando, però, l’amore non ci sostiene, la Poesia, come madre amorevole ci accoglie fra le sue braccia e tramite le reti della parola, trascina alla bianca spiaggia di un foglio i resti dei tuoi naufragi, perché altri conoscano ciò che sarebbe un delitto tacere.

Nella poesia “Interrogativi” cerca di delinearsi una identità, che non solo a lei sfugge: “Chi sono, dove sono, a chi appartengo? Una rosa nel letame, una donna divisa a metà, priva della sua identità che di certezze ha fame, uno spirito ribelle che pensa, agisce e reagisce a pelle. Incubo in un brutto sogno, dal quale non riesco ad uscire, che scandisce un lento morire, come se nel fango annaspassi, per poi sparire. E allora per difendermi dalle ombre del pensiero, divento acqua e appartengo al mare, perché mi porti via dal mondo intero”.

Eppure, la Poetessa non si arrende: “Come soldato al fronte, combatto strenuamente in questa ruota di strani giri, tiri mancini della sorte. Ho ossa dure e buone scorte e affronto le paure, tentando di capire, da quale anfratto oscuro s’aprono la via, nella mia mente, pronta ad arginare la rovinosa frana, che potrebbe seppellire la tana, dentro cui voglio vivere e non morire” (Come soldato).

“Imprigionata non mi sento mai, ma non mi piego, agnello sacrificale, sull’altare di questa bolgia infernale alleno il mio spirito e il mio pensiero senza falsare la mia identità” (Agnello sacrificale).

Ma anche un guerriero indomito, che sfodera tutte le sue armi per abbattere il nemico, muta linguaggio quando si tratta di volgersi agli affetti familiari e diviene tenera figlia e tenerissima nonna.

“Fate piano, non le fate male, rivestitela di petali di rosa, perché odorosa e profumata come una sposa, la soglia del cielo possa oltrepassare. Ecco un ultimo bacio e la lascio andare come farfalla leggera, levigata nella pelle, senza più segni di ferita. Più bella l’ha resa la morte; potessi avere anch’io la sua sorte!” (A mia madre).

Quest’ultima poesia, che però, apre la raccolta è dedicata “A Daniele”, “Piccola radice spuntata tra non poche difficoltà. Il tepore del sole e il caldo dell’amore, il tuo ramo, pian piano allungherà. Foglie e turgidi boccioli, ad uno ad uno cresceranno, tra attese di eterne primavere. Tenero, fragile virgulto, culto da venerare da chi ti ama tanto, come un piccolo dio che ci vive accanto. Tra le nostre braccia a mo’ di cesto, come grappoli d’uva appena recisi, siamo pronti a raccogliere i tuoi pianti e i tuoi sorrisi, nell’attesa che tu cresca come la nostra più bella sorpresa”.

Mi piacerebbe terminare questa presentazione con questa speranza ch’è la propaggine per cui la vita continua. Ogni discendente è un passo verso l’unica forma d’immortalità che conosciamo, affluente che ci riconnette al grande Mare.

Desidero tributare, e penso che lo faranno tutti coloro che leggeranno le sue poesie, tutta l’ammirazione per la grande forza con cui affronta il disagio di una condizione dolorosa e di averci insegnato a non arrenderci mai, dinanzi alle grandi difficoltà.

Questo libro è un esempio di coraggio, che solo le grandi anime possono avere, retaggio di grandi uomini e grandi donne che hanno reso memorabile il nostro passato e che tornano a vivere, per divenire simbolo di forza e di speranza nell’avvenire.

 

Angela Furcas

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