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La mia Terra, per non dimenticare

La mia Terra, per non dimenticare

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In queste pagine, Attilio Stasio fa trasparire l’amore immenso per la sua terra natia: Serre. L’autore ci riporta, oltre ad alcune poesie, alcuni detti che rammenta, che ha sentito dalla voce dei genitori, da quella dei nonni e da alcuni paesani. Così anche per “I rimedi della nonna” nei quali sono riportate tisane ed unguenti per dolori e piccole malattie. Simpatici gli indovinelli riportati in dialetto che oggi non si fanno più. Cose che sono sconosciute a molti.
Poi ci sono i soprannomi suddivisi in categoria. Alcuni ancora usati, altri in disuso. Anticamente il cognome per i paesani era superfluo, non serviva, perchè nello stesso luogo vi erano tantissimi con lo stesso nome e lo stesso cognome. A volte, però, non si conosceva neppure il cognome delle persone, forse perché non era del posto, e gli si metteva un soprannome di provenienza, “conturbano” se era di Contursi o “Napoletano” se era di Napoli e così via. A volte si mettevano dei soprannomi in base ad un’azione dello stesso oppure ad una caratteristica fisica, ma nella maggior parte dei casi, i soprannomi passavano da padre in figlio. Questo lavoro di Attilio Stasio è arricchito anche da foto antiche e moderne, alcune concesse da suoi amici ed altre di sua proprietà. Ci sono pure “le parole di una volta”, cioè quei termini antichi che oramai non si usano più perché i giovani li hanno sostituiti con parole italianizzate come ad esempio “Caccavella” con pentola o “Furmedda” con bottone. Qui, l’autore non mette la traduzione non per dimenticanza ma per spingere il lettore ad una ricerca.
Devo dire che Attilio non è nuovo in questo campo perché ha pubblicato, nel 2005 il suo primo lavoro “Respiri d’Anima di un Alito Vitale”, una raccolta di poesie scritte dall’età giovanile. Le prime opere pubblicate da Attilio sono state edite fin dal n. 2 della nostra rivista “Il Saggio”. E’ doveroso affermare che già da quell’epoca le prose dialettali di Attilio erano apprezzatissime perché proprio in esse traspariva il grande amore per la sua Terra, per il suo ambiente.
Non riesco a vedere il nostro autore in una stanza posta in città a scrivere o a meditare perché lui scrive e medita in una stanza posta ai margini della campagna, dove in primavera gli alberi fioriti trasmettono bellezza e profumo, dove in inverno i monti alle spalle sono innevati, dove i viali in autunno sono cosparsi di foglie variopinte ed in estate le cicale armonizzano l’aria. Alla vista di questi splendidi paesaggi dalla penna l’inchiostro scivola sul foglio per impressionare parole in fila.
Proprio in quest’atmosfera Attilio ha messo su carta la stupenda poesia “Paesaggio di un tempo” che riporta ricordi certamente non suoi ma che arrivano a lui dalla genetica di famiglia ed in lui sono sbocciati: “Nelle colline / ove le primule / e l’odor dei funghi, / nei sentieri di mente / ricolma il paesaggio / di valichi antichi. / Nelle viuzze / ove donne su scalini, / levigati da piogge / e scolpiti nei tempi, / sbucciano raccontandosi / storie e i bimbi giocano. / Là sorge maestoso / il palazzo del duca di un tempo, / il cigolio delle presse / sulle olive e l’odor dell’olio; / … /
Questo non è un libro che si deve leggere tutto di un fiato, ma si deve gustare pagina per pagina e meditare, per poter entrare con i pensieri di Attilio Stasio nella bellezza della sua Poesia.
Giuseppe Barra

 

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