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Gioi storia, devozione  e luoghi della fede

Gioi storia, devozione e luoghi della fede

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Una ricerca documentaria sul valore storico, artistico, estetico, religioso, nonché economico sociale, su una cittadina del Cilento, costituisce non solo l'impegno di un autore ricercatore, ma anche la migliore conoscenza della realtà del tempo secolare, sviluppato si nel contesto di una storia che oggi non può più eliminare l'universale e il particolare, la territorialità che si esprime come località piccola o grande che sia.

L'insieme dell'esistente religioso di una comunità, approfondita non a livello immaginario, ma testimoniato dall'unico desiderio di offrire il senso veritiero del passato, studiato in modo tale che, sotto tutti gli aspetti, costituisca una radice che nella sua totalità risulta il fondamento del reale moderno e attuale. Naturalmente la crisi del moderno ha contribuito alla nascita di un postmoderno che non ha esitato a subire una incertezza generale sul valore della cultura, trasformatasi in spersonalizzazione e individualismo cosifisticatori.

Le “cose” si sono arricchite al punto tale che la stessa verità storica spesso subisce, sotto tutti gli aspetti, e grazie alle incompetenze proprie dell'egoismo intellettuale, lo sguardo fisso verso la erroneità. Il lavoro svolto su Gioi da Giuseppe Barra mi ha incoraggiato a “leggere, scrivere e parlare” su quanto ho letto proprio perché la verità storica, sotto i suoi vari aspetti, ma per me soprattutto artistico-religioso, mi offre l'opportunità di dare un senso di guida e di profondo interesse culturale nella sua completezza. [Luigi Rossi, Narrazione e ragione storica, in Studi Storici e Religiosi, Nuova Serie, Anno V, n. l, Gennaio-Aprile 2013, Luciano Editore, Napoli, p. 88.]

 

La storia fornisce risposte a chi cerca di dar conto dei processi che interessano l'uomo e da questo sono animati; non è mai una disciplina debole, come si è sostenuto, perché non è mai mero pia­cere di leggere una fonte o descrivere un fatto. Essa impegna a col­locarlo nella giusta prospettiva per fornire indicazioni alle tante domande che suscita l'articolarsi delle esperienze di civiltà. Ricerche così condotte aiutano a cogliere la profonda differenza tra cro­nologia e tempo storico individuando le dinamiche interne e le caratteristiche delle quali quest'ultimo si compone.

Il pensiero storico è parte costitutiva e integrante del sapere e della cultura occidentale. In questo senso la disciplina può essere riconosciuta come espressione diffusa e peculiare modello d'investi­gazione della realtà. La sua pervasività consente la trasformazione in senso comune storico su cui possono innestarsi usi sociali, strut­ture politiche e posizioni ideologiche, talvolta impropri, rispetto ai quali la scuola ha compiti di chiarificazione e di critica. La questio­ne di fondo rimane se la storia vada intesa come scienza o come ideologa. Nel secondo caso si ha una storia inficiata da visioni politiche; nel primo ci si deve abituare a una storia dimostrata con un metodo d'indagine scientifico, inculcando la convinzione che non è perfetta, ma sempre perfettibile.

 

Gioi è stato presentato da Barra non come un'interpretazione personale di eventi o di prodotti rappresentativi, ma con la capacità culturale di chi cita l'insieme storico documentale per non indebolire in modo elementare la ricerca, ma per garantire la veridicità del fondo storico al fine di offrire non una ideologia storica interpretata da visioni politiche, ma un'aperta articolazione del reale storico verso il suo futuro. Naturalmente, pur nella sua complessità e pluralità della ricerca storica, Barra ha operato una scelta di orientamento storico tendente a dare un valore soprattutto geografico locale, artisticamente attuale, umano religioso, dopo avere inizialmente visto, osservato, conosciuto e rappresentato una cittadina ricca nelle sue citazioni storiche, a partire dalle ricerche che attribuiscono a Gioi perfino tempi che partono “dal IV e III secolo a.C. con una occupazione scarsa” [Ernesto Bianco, 2008, pag. 45.] secondo Ernesto Bianco e poi “secondo Ebner colonizzalo dagli Enotri ... e probabilmente anche sede di un presidio romano”. [Pietro Ebner, Storia di un feudo del mezzogiorno la baronia di Novi, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1973, pag. 581.]

Questo aspetto storico, pur costruito e descritto con citazioni e una interessante serie di immagini fotografiche, citando alcuni ricercatori, si prolunga quasi nel vuoto che incomincia a riempirsi partendo dai secoli XII e XIII del medioevo.

Quindi diventa stimolante e degno di essere studiato, per rendersi conto che Gioi è stato in pieni dieci secoli una cittadina polivalente che ci porta a riscoprire non solo il mondo artistico, testimoniato dai residui esistenti sul territorio, ma fa maturare le cosiddette: [Luigi Rossi - M. Santangelo, (a cura di), Da paesi conciatori a città di servizi, vol. II, Plectica, Salerno 2000, pgg. 10-11.]

 

dinamiche interattive tra uomo e processo storico-economico nel quale è inserito. Essa riscopre la centralità del nesso tra storiografia e politica, consentendo di rivalutare la tradizione degli studi meridionalistici e cogliere la complessità e le dif­ferenze interne alla storia del Sud. La ricerca delle radici per capire dove porta il futuro deve animare il dibattito inteso a precisare il rapporto tra uomo e contesto ambientale, la dinamica degli insediamenti, le tipicità urbane che hanno plasmato un territorio. In tal modo si acquista nuova coscienza civica, si rende feconda la partecipazione alla vita comunita­ria, si collabora alla progettazione d'una civiltà a dimensione d'uomo, ci si prepara ad una sostanziale presa di posizione per evitare che siano sempre gli altri ad imporre modelli diversi per fini di colonizzazione.

 

La ricca storia di Gioi che può essere esaminata soprattutto alla luce delle dinamiche culturali, politiche, sociali e soprattutto religiose, tenendo presenti i diversi regimi governativi, amministrativi, solo da parte di fondatori, di nobili, e sia da parte di aspiranti che anche alla luce di ribellioni e lotti popolari o di gruppi organizzati, si dilunga in modo speciale a partire dall'alto medioevo e attraverso i futuri secoli dal XV al XX.

L'aspetto economico-politico ha il suo massimo sviluppo nel tempo dal XVI al XVII secolo. Nel Settecento poi subentra una crisi che porta al cedimento e alla svendita dei beni, tanto che si attribuisce il tutto ad una “enorme carestia”. Questo riferimento l'ho citato anche se Barra limita questo aspetto a progressive realtà documentarie che comunque ispirano curiosità e attendibilità.

Infatti: [Ibidem, p. 368.]

 

la cura che l'autore ripone nelle citazioni costituisce la migliore testimonianza della sua attendibilità. Lo scrupolo nel riportare i documenti rompe sovente l'armonia del racconto e del periodare, appesantendone la lettura, ma costituisce una ulteriore dimostrazione della fedeltà con cui egli utilizza il materiale d'archivio.

All'indubbio merito di rilevante fonte documentaria non corrisponde, per la verità, una ricostruzione storica di ampio respiro con una ricerca dei fatti inserita in un contesto più generale. Nell'opera non si riscontra nulla di originale.

 

Questa concezione non si limita all'analisi dei documenti che riportano ai grandi avvenimenti di un paese, che sono frutto di autori storici che compiono una ricerca soprattutto legata a: [Ibidem, p. 368.]

 

Interessi locali ed appagare la curiosità di conoscere i fatti relativi ai propri maggiori non favo­riscono una esposizione critica e ragionata con adeguati riferimenti alle vicende più significative

 

ma dà l'impressione di essere più che una narrazione storica, una semplice cronologia locografica. Tra le caratteristiche rilevanti artistiche, in riferimento sempre alla prima parte del testo, emerge il tentativo di Barra di riportare foto di tutti quegli elementi che possono confermare la validità dei rinomati e specifici luoghi gioiesi, citati storicamente. Incominciando dai residui del Castello, dalla Cinta delle Porte fino alle riproduzioni moderne e contemporanee, il lavoro di Barra, a partire dalla prima parte per continuare in modo più ricco nella seconda metà del testo, offre una ricchezza artistica che potrà continuare anche in senso archeologico soprattutto nel periodo medievale [Con grande soddisfazione personale segnalo a riguardo l'interessante studio che Ernesto Bianco, Archeologo libero professionista sulla problematica etimologica-archeologica, in cui cerca di approfondire e “offrire un contributo al tema dell'occupazione che sita d'altezza. in base ad una prima analisi, topografica e sugli elevati, delle emergenze presenti dal centro abitato di Gioi”. Ernesto Bianco, Prime considerazioni sull'origine e l’evoluzione del Castello Johe, in “Archeologia medievale”, (XLII, 2015) Cultura materiale. Insediamenti, Territorio. La sua ricerca e il suo approfondimento archeologico avranno senza alcun dubbio risultati molto positivi, soprattutto sotto l’aspetto religioso. La Chiesa di Gioi costituita da parrocchie, conventi e monasteri, cappelle, di cui Barra esprime una ricca documentazione nella seconda parte della sua ricerca, alimentano anche l'approfondimento archeologico. Una novità recente sotto questo aspetto è costituita dallo studio che Bianco sta effettuando sulla possibilità della Chiesa di San Cono, posta “fuori le mura del paese e con esattezza alla località Sterza ... e si presume che la fondazione risale al X-XI secolo”. (Barra, Gioi, p. 211).]

Questa ricca e abbondante storia archeologica nella visione storico-religiosa, acquista una chiarezza informativa sull'origine della intensa e quasi completa realtà territoriale di Gioi. La tradizione popolare gioiese ha sempre affermato l'esistenza di sette parrocchie. Barra non esita a rispettare questa certezza sulla valenza di una documentazione che accende la passione tradizionale degli abitanti di Gioi. Naturalmente il senso profondo di una fede popolare ha sempre caratterizzato il comportamento di quelle famiglie che non hanno evitato a dare una valenza antropologica nella sua pluralistica valorizzazione. Se la religiosità è un elemento naturale nella concezione della natura umana, i gioiesi di ogni tempo, fino alla concezione perfino postmoderna del tempo attuale, ha radicalmente professato la propria visione religiosa della vita, conservata nella molteplicità del divenire storico, sociale, economico, demografico, politico e soprattutto dei valori culturali. Il cammino religioso di Gioi viene da Barra approfondito offrendo la quasi totalità esperienziale del prodotto sul territorio che testimonia la certezza collaborativa delle persone che hanno offerto il lavoro, soprattutto nella costruzione materiale delle strutture ecclesiastiche. Testimoniare la storicità di sette parrocchie, di tre conventi, di tredici cappelle, concede l'opportunità di conoscere le dinamiche interattive tra uomo e processo storico-religioso e rivalutare le tradizioni di una comunità che nell'evoluzione storica presenta una complessità di differenze maturate a livello politico­ideologico. Naturalmente nel processo storico culturale, soprattutto improntato sull'esperienza della modernizzazione si possono raggiungere valori di approfondimenti conoscitivi in grado di offrire diverse aperture ad un futuro reale e produttivo in un territorio attualmente bloccato soprattutto nel campo socio-culturale-economico.

Fare riferimento ad una storia del passato religioso potrebbe incoraggiare una popolazione, soprattutto costituita dai giovani, attualmente molto dotati di intelligenza e creatività, a rispondere a domande poste su un comportamento operativo sul piano religioso, esigente lavoro, strumenti di lavoro, oggetti materiali, tecnica costruttiva, progettualità artistica, lavoratori, artigiani, tutti collegati ad una produttività costruita sul valore della cultura specifica del tempo e del luogo. [Rossi-Santangelo, (a cura di), Introduzione di Luigi Rossi, in Paese di conciatori a città di servizi, vol. II, Plectica, Salerno 2012, p. 11.]

 

Natura ed ambiente, che danno corpo al rapporto terra-uomo, diventano un processo storico-culturale col quale la conoscenza s' ar­ricchisce per evitare che la montagna diventi sem­pre più brulla, la pianura perda definitivamente la propria configurazio­ne, i paesi continuino ad essere dei dormitori condannati ad una totale soggezione socio-culturale verso gli operatori economici e verso chi propende per la mera soluzione tecnica dei problemi, senza la giusta enfasi per le esigenze dei protagonisti della storia passata e che ancora, se pur timidamente, operano.

 

La popolazione di Gioi, soprattutto a partire dal XI secolo ha sempre partecipato con interesse alla profonda e primitiva religiosità che è stata fondamento di una precoce e comunitaria cristianizzazione. Detta popolazione [Luigi Rossi (a cura di), Cannalonga storia di una comunità, identità di un paese, introduzione, Edizioni del Centro Promozione Culturale per il Cilento, Acciaroli (SA) 2009, p. 12.]

 

partecipa di una precoce cristianizzazione che risponde alla sua profonda religiosità. Per lunghi secoli hanno potuto svolgere la loro funzione spirituale e di civilizzazione i monaci bizantini eppure nelle pieghe della vita pastorale e contadina non hanno mai smesso di serpeggiare mentalità e ritualità paganeggianti. Da qui un rapporto non lineare tra Chiesa ufficiale, impegnata a imporre dogmi, morale e riti all'intera società, e popolo immerso, insieme al clero locale, in una quotidianità che non ha agevolato l'interiorizzazione della vita cristiana, favorendo il persistere di visioni naturalistiche.

 

I numerosi sacerdoti parroci di Gioi, ricercati ed elencati da Barra, dopo lunga consultazione dei registri parrocchiali conservati nell'Ufficio Parrocchiale della Chiesa di S. Eustachio, pur nella loro varietà culturale, hanno mantenuto in modo compatto e perseverante la loro vita ecclesiale. Inoltre è da sottolineare la collaborazione dei frati dell'Ordine Osservanti, che nel 1506 risulta addirittura tra i conventi della provincia di "Terra di Lavoro". Non basta il convento dei frati, ma viene aggiunto il famoso Monastero di S. Giacomo nonché il Convento dell'Annunziata. Questa realtà fortemente tipica di una popolazione piena di religiosità che evidenzia nella storia un certo senso di un processo trasformistico fa riferimento all'operato della Chiesa che favorisce identità e motivazioni proprie di tutti. Soprattutto le Istituzioni in generale, nonché i particolari momenti della vita culturale e materiale della popolazione, subordinata ciecamente al potere dei dirigenti, vengono influenzati da valori che hanno come centro vitale la religiosità e il suo culto pratico. Di conseguenza il rapporto Chiesa popolazione del passato storico di Gioi offre l'opportunità di valorizzare l'esistente documentario riferito al passato e poterlo interpretare facendo riferimento anche al prodotto senso storico moderno e contemporaneo, soprattutto artistico e comportamentale, oggetto della espressività e originale creatività di famosi personaggi della comunità gioiese.

Volendo attingere e quindi citare un brano di L. Rossi in un contesto che fa riferimento alla pubblicazione (a cura sua,) del libro di Giovanni Maiese, preziosa opera pubblicata nel 1983 col titolo “Vallo lucano” e suoi dintorni, credo di applicare il contenuto sull'opera di Barra, che è riuscito, tra le tante sue opere, a cercare e quindi a tramandare atti e dati riguardanti la storia di Gioi, da tempo considerati smarriti, introvabili e quindi non consultabili, Perché i cosiddetti storici locali si fermano e, quindi, si bloccano su una metodologia di poco valore. [G. Maiese, Vallo lucano e suoi dintorni, raccolta di notizie storiche (a cura di L. Rossi), Galzerano Editore, Casalvelino Scalo (Sa) 1983, pag. 17.]

 

La ricerca condotta ha dimostrato che è possibile attingere ai documenti conservati negli archivi, ha evidenziato come tramite tali carte si può tracciare un quadro di riferimento per una storia locale da inserire, con una adeguata metodologia, in un più generale disegno.

La pubblicazione di tale opera ha anche l’intendi­mento di convincere coloro che sono in possesso di do­cumenti a metterli a disposizione dei ricercatori, di indurre gli amministratori dei comuni e degli enti operanti nel territorio cilentano a farsi parte attiva per predisporre tutte le attrezzature materiali per custodire e consen­tire la consultazione di questa imponente massa documentaria. E' un lavoro interessante e meritorio, tanto più che col passare degli anni ci si rende conto che proprio la lettura delle carte custodite negli archivi, secondo criteri di campionatura o anche in modo più capillare  costituisce una fonte indispensabile per comprendere,

 

la difficile e complessa storia di ogni piccolo paese.

L'uso pubblico di tale documentazione contribuisce a offrire una nuova vitalità alla storia in generale e stimola tutti a partecipare al dibattito culturale in quanto tale, facendo riferimento soprattutto agli amanti della cultura e appartenenti alla popolazione di Gioi, che in questo periodo, grazie alla loro collaborazione, sono in atto tante iniziative a tal fine organizzate. Non basta una semplice conoscenza della storia, è necessario avere e approfondire una vera comprensione e coscienza dei fatti che avvengono nello scorrere del tempo.

Nel 1935 Lévinas concluse uno dei suoi primi scritti con le seguenti parole:  [E. Levinas, De l'evasion, Fata Morgana, Montpellier 1982, pag. 99 - Questa è una riedizione dell'articolo apparso nel 1935 nelle «Richerches Philosophiques», pgg. 373-392.]

 

si tratta di uscire dall'essere per una nuova via a rischio di rovesciare determinate nozioni che al senso comune e alla saggezza delle nazioni sembrano le più evidenti ricercare una via sempre nuova per stabilire certezze, anche storiche, che ci rendono capaci di amare una società e, quindi, rivivere il suo tempo stretto in una totalità di fatti avvenuti.

Guglielmo Manna

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