Il tuo carrello è vuoto!
Categorie
piazza di rose

piazza di rose

18,00€


Qtà:  Acquista  
Codice Prodotto: 00637
Punti Fedeltà: 0
Disponibilità: Unavailable

Con la storia della nostra famiglia prima o poi, in un modo o nell’altro, bisogna fare i conti per capire che non siamo persone completamente indipendenti, prive di estensioni, ma entità unite tra loro da qualcosa che va oltre il corredo genetico. Quasi sempre siamo inconsapevoli delle nostre origini fino a che qualcuno non ce le racconta, perché non vengano dimenticate e generosamente ce le consegna con vero atto d’amore. Un gesto che ci potrebbe anche cambiare la vita. Sicché ci possiamo accorgere della mancanza di pezzi di un mosaico di cui ignoravamo l’ esistenza.

 L’autore di questo libro ha lavorato appassionatamente alla storia della sua progenie e ha deciso di raccontarla. Carlo Ambrosano lavora da molti anni nel servizio pubblico come psicologo e svolge attualmente l’attività clinica di psicoterapeuta. Sa come funzionano le alchimie familiari, ne conosce bene i meccanismi. La sua narrazione si avvale del genogramma, una tecnica di indagine comunemente usata nei training o nella terapia relazionale, evidentemente non per un uso terapeutico in chiave psicologica o psicoanalitica, ma per focalizzare meglio l’attenzione sulla sua storia con rinnovata consapevolezza, su alcuni eventi che si ripetono, sia in maniera trasversale che longitudinale, estendendo lo sguardo al gruppo attuale di appartenenza e andando indietro per generazioni. Il genogramma rappresentato è una sorta di albero genealogico che permette alla persona di vedere il suo intero ramo consanguineo, oltre che dal lato dell’evoluzione temporale, anche dal punto di vista relazionale, come in un grafico di cui essa stessa osserva le caratteristiche principali. Ognuno può vedere le connessioni tra sé e gli altri, tra ciò che gli accade e gli eventi passati e le azioni anche di varie generazioni precedenti; così che tutti quelli che appartengono al sistema divengano più consapevoli di come ogni nostra azione, nel bene e nel male, produca un’onda che si espande con tutta la sua potenza di drammaticità e di amore e investa persone anche molto lontane dal sistema stesso.

 Il lettore, emotivamente immerso nel teatro di queste “alchimie”, sente pulsare continuamente la vita che è dentro di lui come magma indistinto che si trasforma; ora lo vede, quasi lo tocca, poi, per un po’, lo perde di vista; ci convive, lo tiene a bada e, a volte, diventa piccolo e leggero fiocco di neve che gli danza intorno; altre volte nembo minaccioso, altre volte ancora frana travolgente. Piazza di rose è la rappresentazione della vita che spesso non può essere raccontata perché troppo terribile, oppure propone scene di speranza e di dolcissima felicità. Solo dopo, quando il tempo ha raffreddato le forti emozioni, si trasforma in qualcos’altro: il ricordo di ciò che eravamo, la speranza di ciò che possiamo diventare.

 Così comprendiamo a fondo le radici dei nostri sentimenti e dei nostri atteggiamenti, perché sono in gran parte il frutto di un percorso che i nostri antenati hanno compiuto nel corso di varie generazioni durante il quale accadimenti interni ed esterni hanno prodotto combinazioni tali che riusciamo a comprendere i nostri comportamenti e la sostanza emotiva del nostro essere..

 L’autore ha certamente il merito di spingerci ad una «rilettura» della nostra storia, consentendoci una riappropriazione degli elementi positivi dell’eredità trasmessa e, contemporaneamente, ci induce a un confronto più realistico con la storia individuale.

 Dunque il genogramma si fa apprezzare per le sue peculiarità di estrema sensibilità, così che possiamo intravederne l’uso come strumento terapeutico a sé stante. Il libro, dunque, non si rivolge soltanto al gruppo-famiglia qui descritto, ma stimola la curiosità di tutte le persone che vogliano riflettere sui rapporti di relazione e sulla propria vita; esso è strumento di comunicazione che, come ben dice Raymond Carver “è una strada a doppio senso tra lo scrittore e il lettore”.

 E’ esattamente la vita che l’autore di queste storie esprime con coraggio e abilità, sapendo, affermerebbe Stephen King, raccontare delle “verità dentro la bugia”, verità fatte di sentimenti, di sensazioni, di accadimenti non reali, così come egli stesso dice nell’introduzione: “…alcune vicende di seguito riportate sono solo verosimili, l’impianto resta però sempre certo e documentato. I ricordi procederanno a imbuto: vaghi e sfumati…”. Sicché le bugie rappresentano la condizione umana nei suoi aspetti più intimi, intrisa di pulsioni, desideri, frustrazioni. Dalle storie emerge la verità della paura e gli effetti che questa produce, sia sui personaggi, sia sul lettore: la paura come sentimento vero che il lettore, appunto, sperimenta in se stesso. I temi veramente importanti, tradizionalmente importanti, che affiorano da queste belle pagine, sono, inoltre, l’amore, la morte, la giustizia, la crescita, la sofferenza, l’aspirazione alla felicità, la spiritualità, la fede cristiana.

 E’ opportuno sottolineare che un altro merito di Carlo è quello di aver saputo caratterizzare la sua narrazione con una modalità di scrittura che S. King sintetizza con la frase molto efficace: show, don’t tell (fai vedere, non dire). Una cosa detta e non mostrata è noia. E qui l’autore del libro, entrando nella testa e nei pensieri dei personaggi, riesce a mostrare, senza dire, qualcosa di vero al lettore, il quale diventa protagonista della storia, perché, identificandosi con i personaggi, guarda emotivamente coi suoi stessi occhi la vicenda. Il lettore è indotto a vedere tutto in chiave allegorica e a scoprire i significati riposti nella trama, i significati veri, anche se “alcune vicende…sono solo verosimili”.

 Il personaggio centrale, più emblematico di questa mappa familiare è sicuramente Costabile Ambrosano e Carlo ne traccia una caratterizzazione davvero affascinante e fortemente simbolica. Costabile è come Ulisse, l’eroe della mitologia greca, protagonista di numerose avventure, che dall’oscurità del tempo giunge fino a noi: astuto e coraggioso, riesce a cavarsela ogni qual volta tutto sembra oramai perduto. Costabile, con tutte le sue paure, affronta le avversità con pazienza, sopportazione, combatte con forze a lui superiori, s’inventa sempre qualcosa, ma ogni volta si salva la pelle. E’ guerriero impavido di fronte alla morte sempre in agguato, è mosso costantemente da un fortissimo desiderio di sopravvivenza e, soprattutto, dalla ferma convinzione di raggiungere il suo obiettivo, proprio perché lacerato dalla nostalgia della sua terra lontana, la sua casa, la sua amata moglie Giovanna, sua figlia che ancora non conosce, la sua famiglia d’origine. “ …Costabile intuisce che per salvarsi ci vuole tanta pazienza, capacità di cogliere al volo le occasioni, il tutto eseguito a piccoli passi. In cinque giorni, i prigionieri ricevono una sola razione di pasta cruda. Quando arriva il pentolone, molti vi si gettano contro. Costabile si ferma e trattiene il suo compagno. Le sentinelle pensano a una rivolta. Sparano senza pietà. A terra restano i corpi di sette prigionieri. Costabile osserva e pensa che per la seconda volta è stato a un passo dalla morte…” e ancora “… Ognuno soddisfa i suoi bisogni fisici stando in un posto esiguo dal quale non può muoversi. I piedi sono immersi in un liquido melmoso fatto di orina e di feci mischiate insieme. L’aria è pesante e irrespirabile. Costabile stringe i denti e cerca di confortare anche il suo malcapitato compagno. “Devo vincere e vincerò…”.

 E’ capace di costruire, insieme coi compagni, rudimentali strumenti musicali per allietare i nemici che lo tengono prigioniero; organizza in tutta fretta un complesso musicale nel campo di prigionia in Francia per la felicità degli americani. La musica è il suo cavallo di Troia. Sempre paziente, appare come colui che accetta il proprio destino e sfrutta le sue doti naturali: l’ingegno e la furbizia, qualità poco eroiche, ma più umane. Qual è il motore che aziona la storia del nostro “Ulisse”? Il desiderio profondo di ritornare alla sua “Itaca”, dove l’aspettano la sua “Penelope” , la figlia, i parenti tutti, gli amici. Dove vuole vivere la sua vita. Non c’è nulla, durante il lungo peregrinare tra la Sicilia, l’Africa e la Francia, che lo possa distogliere dal suo obiettivo: ritornare al suo paese, simbolo degli affetti. “...Mentre ripete questo suo ritornello, gli tornano in mente i concerti della sua banda musicale... Rammenta la famosa aria della Turandot di Puccini: Nessun dorma! (e io non dormirò). Dilegua, o notte!...Tramontate stelle!... (questa mia lunga notte deve finire). All’alba vincerò!... Costabile sa che arriverà la sua alba e vincerà…”.

Non è certo irriverente avvicinare Costabile Ambrosano al personaggio omerico e non è un caso che scrittori come Dante, Pascoli, D’annunzio, Saba, Joyce, eroi della fantasia, si siano ispirati alla mitica figura e alle insidie del suo viaggio come metafora della vita e delle difficoltà che essa riserva ad ogni uomo. Ulisse è archetipo che sopravvive all’usura del tempo.

 

Salerno, 07/02/2019

Mimmo Barba

Scrivi una recensione

Il Tuo Nome:


La Tua Recensione: Nota: Il codice HTML non è tradotto!

Punteggio: Negativo            Positivo

Inserisci il codice nel box seguente: