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La Fiera della Verità

La Fiera della Verità

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Perché “La Fiera della Verità?”

Il titolo mi viene suggerito da un romanzo satirico dell’era tardo-vittoriana: “La Fiera delle VANITA’” di William Makepeace Thackeray.
Non è un racconto “strictu sensu”, bensì una galleria di personaggi, ognuno contraddistinto da un CASO, che afferiscono ad un leit-motif: la Verità.
Il cammino di ogni essere umano è infatti generalmente questo: una “QUEST”, ovvero una missione alla ricerca della Verità.

Sono consapevole di avere destato molta curiosità, non essendo stata risparmiata dai media, nel bene e nel male, nell’ultimo quadriennio in cui ho intrapreso l’arduo compito dell’amministrazione scolastica.
Ricordo ancora le sagge parole di una collega nel suo pensiero - veggente ad alta voce, già ai tempi della mia decisione per la progressione di carriera .
In verità, per chi mi conosce bene, spinta dalle “utopie educative”, questo passo voleva essere più che altro una “manovra personale” verso una maggiore decisionalità nella mia volontà di un significativo CAMBIAMENTO:

“Non lo fare! E’ un ruolo politico e si sa, in questo caso, chi comanda!”

Ebbene, la mia versione sulla “vicenda”, discussa recentemente persino in Parlamento, è stata volutamente risparmiata ai media fino ad oggi, nella mia modesta convinzione che il pettegolezzo con le fake news e la verità sovente si confondono.
Occorre il giusto distacco, un pensiero critico, con una serie di “perché”, per chi volesse leggere dentro la notizia (Martin Brandon).
Pertanto, offro questa versione “fiction”, dove la realtà è in parte trasfigurata oppure celata in un “vedo non vedo”, come nell’iperbato.
In ogni caso, è la versione raccontata di chi ha vissuto la “quaestio” in prima persona.

La Fiera della Verità si presenta quindi come una “autobiografia in fiction”.
Contiene il passaggio dall’Innocenza all’Esperienza e in ciò si prefigura come un bildungsroman, dove vige l’idea blakiana dell’agnello che si trasforma in una tigre, l’Incubo romantico nel Night-mare di Fuseli.

Pertanto, il Diritto e la Giustizia sono parte integrante di questo lavoro.
Un percorso di vita circolare che parte dal Vecchio Continente, approda al Nuovo Mondo e ritorna “fenomenolgicamente” alle origini, ben descrive o riassume la mia storia.
I volti incontrati e conosciuti diventano la prima parte di ogni racconto, con il profilo del protagonista –attore della Fiera.
Il Caso scelto di volta in volta, come seconda parte di ogni racconto, è il suo io narrativo, che intanto si incrocia con l’io narrativo del narratore sé sciente e onnisciente.
Si tratta di una verità nella verità, quindi di una doppia verità, che finalmente diventa di pubblica fruizione.
E’ una verità che può comprendere o meno la sentenza di un Tribunale, perché anche qui abbiamo uomini e donne non sempre infallibili e non sempre conoscitori della Verità.
A modo suo, La Fiera della Verità vuole essere quindi il riscatto della verità stessa, all’insegna dell’idea pirandelliana polimorfa che si arricchisce ulteriormente di un elemento nella triade attore-teste-spettatore.
È la possibilità di interloquire tra protagonista e antagonista, come raramente accade, attraverso una narrazione al limite tra fiction e non-fiction, in cui si racconta una verità al di là di ogni relata refero, che forse nessun Tribunale potrebbe mai offrire. 
Spero di essere riuscita a in-formare e a di-vertire il lettore, con uno stile che combina il serio con il faceto, e intanto rivolgo questo invito speciale a tutti alla Fiera della Verità.

Maria Rosaria D’Alfonso 

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