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La notte dei desideri

La notte dei desideri

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Questo romanzo ha inizio con un ritrovamento che è una storia vera. Un elettricista che sta restaurando un edificio trova all’interno di un muro un foglio con una poesia. Il primo pensiero è che sia stata scritta da un partigiano della Seconda Guerra Mondiale, ma poi le cose si complicano e vengono alla luce incredibili retroscena.

La prima parte del romanzo è stata scritta nel mese di settembre 2010, la seconda parte, così come la terza, la quarta e la quinta sono state scritte invece nel 2005. A distanza di cinque anni, finiscono con il rappresentare due diversi punti di vista sullo stesso ritrovamento. Il primo punto di vista è quello di chi immagina cosa potrebbe esserci dietro. Il secondo punto di vista è quello di chi non sa nulla perché non ha mai fatto una ricerca. Il Romanzo si snoda così tra l’Algeria, l’Iraq e l’Italia.

Partendo da una storia vera ho voluto romanzare e immaginare come potrebbero essere andate le cose. Nel romanzo Roberto Lanzi è un libero giornalista: in Iraq troverà la morte nella città santa sciita di Najaf, per aver cercato di salvare un bambino coinvolto nella rete di fuoco di un gruppo di guerriglieri-predoni. Riesce a salvare il bambino, ma muore sotto i colpi dei cecchini. Lascerà una figlia, Barbara, la protagonista della storia. Una bambina capace di combattere e vincere la sua battaglia personale contro i pregiudizi e le molte avversità della vita.

Questo romanzo affonda le sue radici in un mistero risorgimentale, ma è anche un omaggio ai poeti del nostro passato: tra loro Giosuè Carducci. Altri autori vengono magicamente alla luce: Giovanni Bertacchi e Adriano Grande. C’è solo un poeta che non ho potuto identificare nel migliore dei modi. Il poeta partigiano: l’autore della misteriosa poesia ritrovata per caso nel muro di un edificio in restauro. È anche a quell’autore che è dedicato questo libro. Elegante, schivo, silenzioso, è rimasto nell’ombra fino ad oggi, pronto a difendere la sua Patria, orgoglioso dell’amore che nutriva per essa, ha lasciato la scena tra la discrezione e la riflessione, fuggendo dal chiasso e dalla volgarità dei tempi, si è rivelato selettivo ed esigente, scegliendo come suo unico interlocutore il padrone del fato. Come se avesse gettato una bottiglia nell’oceano con dentro un grande messaggio per noi: chi è l’Angelo Custode di questa Nostra Patria?

Ringrazio fin d’ora tutti i lettori che vorranno esprimere la propria opinione sulla Poesia.

Da una recente ricerca su Google (settembre 2010) ho scoperto che i versi, seppure con sfumature diverse, sono associati a ‘canzoni inni canti del Risorgimento di Italia’. In particolare al ‘Coro dell’Opera “I Puritani” tesoro di citazioni italiane’, ‘un melodramma serio in tre atti, Libretto di Carlo Pepoli- musica di Vincenzo Bellini’, ‘prima rappresentazione il 25 gennaio 1835 al Théâtre Italien, Parigi, con esito trionfale. Tratto dal dramma storico di Jacques-Francois Ancelot e Joseph Xavier Boniface. La prima parte del mio romanzo vede protagonista proprio il Conte Carlo Pepoli, uomo di bell’aspetto, patriota e letterato, nato a Bologna il 22 luglio 1796, morto il 7 dicembre 1881, fu vice presidente dell’accademia dei Felsinei dove accolse anche l’amico Giacomo Leopardi, il quale gli dedicò dei versi in un’Epistola (Canti XIX). Fu implicato in Romagna nei moti mazziniani del 1830-‘31 e durante la rivoluzione del 1831 divenne membro del governo provvisorio. In quel periodo poteva aver conosciuto l’erede dell’esperienza bonapartista, il futuro Napoleone III, che nel 1831 prese parte ai moti carbonari in Romagna. Pepoli fu prigioniero degli Austriaci ed esule in Francia dove compose il libretto i “Puritani” (1835). Prestò servizio nella Legione Straniera francese in Algeria. La storia di questo poeta italiano che potrebbe ispirare la stesura di un grande romanzo ad ambientazione storica, è poco conosciuta: di lui difficilmente si accenna nei libri di storia o di letteratura. Per esempio: nel libro da cui sono tratte le poesie citate nel romanzo Spigolature di liriche italiane moderne di L.Bianchi-P.Nediani edito da Zanichelli-Bologna nel 1953 non si fa alcun cenno a questo letterato. Poiché Pepoli era nato proprio a Bologna suonava strano: o non era considerato abbastanza moderno per essere inserito nel libro, oppure non era considerato abbastanza importante. Comunque nella parte finale del libro, quella che si potrebbe definire un’appendice, dal titolo ‘Forme e lettura dei versi’ i curatori della raccolta edita dalla Zanichelli scrivevano: ‘L’elemento fondamentale del verso è il ritmo’ (...) ‘e basta ripetere di séguito la stessa parola perché esso si sviluppi’ (...) ‘e può sostenere anche un accozzo di vocaboli senza senso, come nelle filastrocche e gli scioglilingua. Noto è lo scherzo dell’arguto Yorick (Ferrigni), che altrettanto scherzosamente il Tosti mise in musica’ (...) ‘In realtà però il ritmo poetico non è cosa puramente esteriore, bensì manifestazione di un intimo palpito e slancio di vita’.

In effetti, della poesia ritrovata colpisce non l’esteriorità o la bellezza del verso, ma i grandi ideali, lo slancio umano verso la Patria e la libertà. L’amore per quello in cui si crede e per il sacrificio che quell’amore comporta. Non è un accozzo di vocaboli senza senso, come quello di tanti poeti moderni dei nostri giorni, ma colpisce proprio il profondo senso delle parole. Come fossero un testamento, un’eredità, un richiamo misterioso, un avvertimento.

Certo, oggi sembra curioso che in un antico edificio dell’Umbria, un membro della società segreta della Carboneria o della Giovine Italia di Mazzini abbia nascosto i versi di una poesia che inneggia alla libertà e all’amor di Patria. Quale poteva essere il significato di un gesto tanto particolare? Pare davvero molto insolito che qualcuno abbia voluto sigillare nel muro di un edificio proprio queste parole: non si può escludere che il vero autore di questa poesia sia destinato a rimanere per sempre avvolto nell’ombra di un grande mistero del nostro Risorgimento.

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