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La Violetta di Santa Geltrude

La Violetta di Santa Geltrude

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Il 13 gennaio 1915 alle 7.48, un violento terremoto dell’XI grado della scala Mercalli, Magnitudo 7.0, con epicentro Avezzano, colpì l’Italia centrale. La città di Avezzano fu completamente rasa al suolo, l’80% degli abitanti morì (10.700 morti su un totale di 13.000), danni enormi si registrarono in tutta la Piana del Fucino, nella Valle Roveto e nella Media Valle del Liri.
La città di Sora, registrò 262 morti sotto le macerie. Molti abitanti morirono nei giorni seguenti a seguito delle ferite, della denutrizione, delle malattie contratte a causa degli eventi che seguirono.
La difficoltà oggettiva nelle comunicazioni e la scelta del Governo di ridimensionare la portata del disastro per non interferire nel dibattito circa l’entrata in guerra dell’Italia, rallentarono le operazioni di soccorso. Il bilancio definitivo fu, secondo stime recenti, di 30.519 morti.
Anche la ricostruzione fu rallentata da scelte politiche: l’entrata in guerra dell’Italia, nel maggio di quell’anno, bloccò i fondi destinati alla ricostruzione, condannando i terremotati a vivere per decenni nelle baracche provvisorie. Una provvisorietà ancora permanente nel 1946, come si apprende dall’interrogazione del deputato Secondo Tranquilli, alias Ignazio Silone, alla Commissione Costituente  del 10 dicembre 1946.
Quei ritardi, quelle scelte politiche, quelle ingiustizie sociali segnarono il destino di migliaia di persone aggiungendo altre vittime a quelle causate dal terremoto stesso.
Questa è la storia di una di quelle vittime: Elvira Dell’Unto nata ad Avezzano il 29 agosto 1912 e deceduta a Eboli il 10 novembre 1983.

 

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