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“Erebos e Aither”

“Erebos e Aither”

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Di Giovanna Iammucci è il terzo libro: “Erebos e Aither”.

A prima vista il titolo non dice nulla oppure, dice tutto. Il lettore resterà stupito fin dall’inizio. Lo stupore inizia, innanzitutto dal titolo.

Erebos è il dio dei morti, una divinità del piano di Theros, questo dominato da un pantheon di dei, i quali hanno il potere sui colori. Dèi mitologici somiglianti ad animali selvatici e feroci. Erebos personifica le tenebre ed è il figlio di Caos, mentre Aither è il figlio della Notte e personifica la luce celeste, pura e costante.

Allora è un libro mitologico?

Cari lettori, Giovanna Iammucci, mi ha stupito con il suo primo libro: “L’altra metà dei miei occhi” e con il secondo: “Memorie di una strega”, libri diversi l’uno dall’altro. Questo presente lavoro, è ancora diverso ma, a leggerlo, scopri che non è un libro mitologico, ma ispirato  a un tempo passato pur essendo un libro attuale.

Il testo ci riporta ai tempi nostri. Sono quattordici storie, brevi e meno brevi. Nel leggerle mi sono di nuovo “stupito” della libera e facile capacità di Giovanna di entrare in ruoli di attori di sesso diverso, di diversi ceti sociali e di diversi pensieri.

Sembra quasi che ogni storia sia stata scritta da un autore diverso, perché varie e diverse  sono le storie, come diversi i protagonisti.

Giovanna ha la capacità di descrivere situazioni varie. La vediamo nei panni di un giovane che colloquia con se stesso cercando di risolvere la sua esistenza e si scaglia, con invettive, contro suo padre che non prova alcuna stima nei suoi confronti. Oppure  vive la vita di un gay e si immerge nei suoi problemi esistenziali.… ponendosi come problema primario il comunicare ai suoi genitori la sua diversità.

Si “veste” da prostituta, rendendo il pensiero di lei e la fa apparire come una donna fragile rendendo il lettore in un contesto comprensibile in modo da far rendere conto  che, anche queste donne, pur essendo peccatrice, non sono altro che donne come tante, che si trovano in un giro losco dal quale non sanno come uscirne o non hanno la forza per farlo.

Al termine di questa storia sono stato colto da un magone, qualche lacrima è scesa sulle guance e un lungo sospiro per riprendermi e continuare a leggere.

Però vorrei dire a Giovanna qualcosa, che non dico, almeno per ora, ma preferisco continuare a leggere.

Leggo nelle sue storie anche la speranza, la forza di andare avanti.

Ogni storia è collegata a un dio mitologico.

A questo punto, devo fare anche un plauso a Ivan Lamberti che ha arricchito con i suoi disegni, vere e proprie opere d’arte, l’inizio di ogni storia.

Giovanna e Ivan, in questo libro, camminano mano nella mano, come nella vita e auguro loro che possano continuare sempre così, la loro esistenza ricca del sublime sentimento che li unisce.

A Giovanna voglio dire, pubblicamente: “Mi hai già sorpreso con i tuoi precedenti libri per ben due volte ma, con questo la mia sorpresa si è ripetuta per quattordici volte, quante sono le storie da te raccontate in questo testo di narrativa.

Sei stata bravissima. Hai avuto la capacità di farmi vivere nel mondo dei vari personaggi che hai descritto e che Ivan ha magistralmente illustrato con le sue opere.

Tutto questo è un risultato che pochi sanno ottenere e trasferire”!

Giuseppe Barra

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