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Le fontane di Roma e l'acqua. Premio letterario di poesia e narrativa breve. 1ª edizione a cura di Roberto Naponiello e Maurizio Pochesci

Le fontane di Roma e l'acqua. Premio letterario di poesia e narrativa breve. 1ª edizione a cura di Roberto Naponiello e Maurizio Pochesci

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Questa premessa non ha alcuna pretesa di far apparire l’antologia come un trattato sulle fontane di Roma e l’acqua. È solo una sintesi sulle motivazioni che oltre al titolo omonimo del volume vuole sensibilizzare i cittadini romane e tutti i cittadini verso il proprio patrimonio artistico ma anche naturale quale è l’acqua per l’ecosistema.

In estrema sintesi le fontane di Roma dimostrano come i romani abbiano sempre avuto una gran passione per le acque pubbliche, dagli acquedotti alle terme e come, dopo i secoli della decadenza, tale passione si sia esternata nella costruzione delle numerose fontane (oltre 2.000) che ancora oggi ornano vie e piazze romane. I problemi di igiene, poi, non sembravano preoccupare nessuno, se l’acqua del fiume (decantata in apposite cisterne) era considerata talmente buona che i papi se la portavano anche in viaggio.

Le fontane sono state, per i romani, quasi una naturale conseguenza della conformazione geologica del terreno su cui la città era stata edificata: il suolo vulcanico sui colli e alluvionale in pianura (del tutto permeabile) sovrapposto a uno strato argilloso (impermeabile) faceva sì che le numerose vene d’acqua naturali di cui la zona era ricca scorressero a una profondità minima, producendo, quando non riuscivano

a confluire nel Tevere, numerose sorgenti spontanee sparse qua e là ai piedi o a mezza costa dei colli, con conseguenti rivoli d’acqua.

Quasi tutte definitivamente scomparse nel tempo, su quelle sorgenti oggi è possibile solo ricavare poche notizie dalle testimonianze dell’epoca, che tra l’altro consentono una localizzazione, peraltro approssimativa, di non più di una decina di esse. Alcune di queste vene sono tuttora vive sotto le case di Trevi e Campo Marzio.

Come per tutti i popoli antichi, anche per i Romani l’acqua era considerata un dono degli dei, e quindi sacra. Alla responsabilità delle sorgenti era dunque preposto un dio, Fons, il cui tempio venne eretto nel 221 a.C. ai piedi del Campidoglio, nell’area dell’attuale Vittoriano, nei pressi della porta chiamata appunto Fontinalis. Ogni fonte aveva poi un “personale” nume tutelare, di solito una ninfa, come la nota Egeria, una delle quattro protettrici della fonte delle Camene, secondo la leggenda amante, ispiratrice e poi moglie del re Numa Pompilio.  Le fontane vere e proprie, ancora chiamate “fontes”, ebbero origine quando, per l’esigenza di raccogliere quelle acque sorgive, furono attivati i primi interventi di incanalamento, drenaggio e parziale immagazzinamento delle acque.

Come la poesia e la letteratura possano sensibilizzarci su questo tema lo scopriremo leggendo attentamente questo volume, corredato da stupende illustrazioni provenienti da collezioni private e rese disponibili dalla QuadRarum Art Gallery di Roma dal Signor Maurizio Pochesci.

Buona lettura.

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