Quelli della mia età, ovvero i ragazzi del 1948

Nel romanzo autobiografico di Franco pulsa la storia di settant’anni di vita e, in parte la storia della città di Napoli. Non solo la Storia con la S maiuscola, ma i piccoli fatti quotidiani, la narrazione dei sentimenti, cose sparse, magari decisive solo per lui che le ha sperimentate, insomma un caleidoscopio di sensazioni, che restituiscono l’immagine del quotidiano e dello straordinario, di ciò che passa e di ciò che resta, cioè proprio l’immagine di un uomo “normale”. Il suo merito è quello di ridare vita a cose passate, con il duplice effetto di riportarle alla memoria e farci fermare un attimo nel ricordo. Con l’inquietante domanda: cosa resta di quel passato? E come legarlo con il presente? Abbiamo qualche ragione di ricordarlo, quel “nostro” passato in un’epoca contraddistinta dalla dimenticanza, dalla convinzione che le memorie sono inutili, che è utile solo quello che ci sta strettamente intorno? Il merito dei fatti raccontati da Franco sta proprio nell’invito a riflettere sul fluire del tempo, senza racchiuderci nel nostro proprio particolare.

Anna Maria Mastrobuoni

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