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Gli occhi non bastano

Gli occhi non bastano

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Ecco un poeta immerso in una mutevole fantasmagoria onirica.

Il pensiero s’attarda alle soglie del velo e se gli capita di varcarlo, s’inebria alle orme lasciate sul suolo assente dei suoi riflessi.

Partecipare al tuo divagare insolito, coi tuoi versi slegati, insofferenti alle limitazioni, liberamente evocati, senza terra e senza padroni, è come viaggiare nel tempo.

Un tempo senza origini, senza certezze dove tutto è irriconoscibile, dove tutto è visto per la prima volta.

Capita a chi vuole guardare la realtà coi propri occhi, perché sa che nulla gli appartiene di questo transito imposto, senza un biglietto in mano e verso una destinazione sconosciuta.

Vorresti ridisegnare i giorni, scegliere emozioni durevoli ed invece sei obbligato a fare strade già percorse, dividerti tra veglia e sonno, scontrarti con altri viandanti, persi come te in una storia che l’uomo non ha mai scelto di scrivere.

E noi che lottiamo con quelli come noi, non abbiamo ancora capito che siamo prede designate e che un altare più grande di tutti quelli che sono stati eretti in passato, officia un rito crudele dove la realtà è un’illusione.

Che siano ingenue aderenze, isole che ci diamo per riprendere fiato o soste reclamate da un dolore lancinante è solo l’attimo di clemenza di un invisibile esattore, a guardia di un gregge di anime.

I monti, il mare, le stelle, le forme viventi, tutto quello che vedi e ti sorprende, li ami perché sono stati visti, un numero incalcolabile di volte, dal numero incalcolabile di esseri che ti hanno preceduto, perché siamo un solo organismo vivente.

Un solo respiro ci agita ed una sola anima ci rende consapevoli dell’unità dell’esistenza, che procede verso un destino che non conosciamo, ma che non farà mai a meno di ognuno di noi.

Ho visto come hai assemblato con dovizia di particolari le cose note e le abbia disposte, aggregate, perché rispondano al senso che cerchi, a quel senso oscuro della verità, ottenebrato da una logica spazio-temporale di un inganno perpetuo.

Questo ti è dato, Poeta, come cuscino sui rovi, di riposare fra le tue parole che sono spine , per la misericordia che viene concessa ai cercatori solerti, a coloro che vanno oltre l’apparenza, i ruoli, i dogmi e le facciate, il senso del sovrumano, sparso in ogni cosa, ma in ogni cosa apparente ed introvabile.

Appena balbettano le opere dell’uomo il senso irraggiungibile dell’operare e una sferza interiore li sospinge a cedere all’inconoscibile sprone.

 E’così vicino il cielo da coincidere col nostro tetto, così vicina l’umanità che si slarga ovunque eppure simile alla nostra casa, e così le attese, poiché non c’è ansia che non sia planetaria.

Continua nel tuo divagare poetico, poiché ciò che appare lontano dal senso comune è più vicino al delirio degli dei, che planano, incomprensibilmente, nelle vie sconosciute della nostra mente, nei canali dei nostri umori, nei cieli appena abbozzati delle nostre visioni e nelle plaghe intangibili dell’orrido e del sublime insieme.

Continua la tua opera che attinge all’energia disponibile ai creatori di questa dimensione e resta fedele alla tua via, al tuo sentire, alla tua visione, perché possa dire quel che manca a un discorso universale.

 

Dott.ssa  Angela Furcas

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