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Attimi di sole

Attimi di sole

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Gianbattista Vico ne “La Scienza Nuova” scrive che la poesia rende l’impossibile, credibile, che essa non è frutto della ragione, ma frutto di difetto di umano raziocinio. E’ tanto più sublime, quanto più si è forniti di senso e di fantasia, anziché di ragione. L’attività autonoma dello spirito è proprio la poesia, che, come tutte le arti, nasce dove c’è una forte fantasia e un grande sentire. Il poeta è creatore di ombre, di apparenze e di simulacri riflessi della realtà empirica, creatore di un mondo parallelo di emotività. Ed è ciò che riesce a forgiare la poetessa Alberta Maresca in questa silloge. Ritengo la poesia “terapia dell’anima”, ma il filosofo Gorgia diceva che l’arte non guariva, anzi provocava con la sua bellezza una “dolce malattia”, un piacevole turbamento delle nostre facoltà. Quindi, non purifica l’anima, ma l’agita e la turba, creando un inganno dei sensi, dando origine a un traviamento dell’animo dalla normalità. Tale devianza, però, è migliore della piatta normalità, e ne fa derivare un pathos, capace di avvincere e persuadere. Chi riesce a persuadere e chi è persuaso, vivono in un incantesimo. I Pitagorici accostavano la poesia all’arte della medicina, ad entrambe assegnavano il compito di guarire, la prima l’anima, la seconda il corpo. Anche le parole, come i farmaci, curano o avvelenano, a seconda da come li si usa. La parola ammalia l’anima, rende l’uomo libero e parlare è un atto di libertà, e di amplificazione dei sentimenti. Francesco De Sanctis scrisse ne “Storia della letteratura italiana”, che la parola è potente quando viene dall’anima e mette in moto tutte le facoltà della stessa in chi legge; ma quando il di dentro è vuoto e la parola non esprime che se stessa, riesce insipida e noiosa. Le poesie di Alberta Maresca travolgono e riempiono il nostro cuore, così come i sentimenti e le pulsioni individuali hanno travolto il suo. Versi curati, decorati, in cui si serve di molteplici figure retoriche, come la personificazione, in cui gli elementi della natura assumono sembianze umane. E nella bellezza della natura affondano le Sue sensazioni, per risalire più chiare e definite, poiché il creato è poesia enigmatica. Alberta Maresca è dotata di una sensibilità penetrante e sottile, vive un conflitto interiore che sfocia in una lirica mista di ricordi e osservazioni, apparentemente dominata da sentimenti contrastanti, elaborati in una ricercata oscurità. Animo libero, ma tormentato. Poesie eleganti e sobrie disegnate con paesaggi di fascino, giocando con le parole e le metafore, gustando e assaporando i vocaboli. Tanti componimenti colpiscono, ne cito qualcuno: “Tu la pensi, Sorrento”, dove viene rappresentato un luogo che fa sentire a casa propria, che accoglie ed abbraccia; poi, “Questo silenzioso orto”, che ho subito amato per quell’atmosfera mistica e magica che si respira. Come vorremmo raggiungere lo status dell’ulivo centenario, menzionato nei versi, la sua quieta pazienza, la sua calma, per superare il macigno del caos che sovrasta le nostre esistenze! Imparare dalla natura, osservandola, con disponibilità ad andare oltre le leggi meccanicistiche che la governano. La silloge è composta da versi collegati da rime ed assonanze in un universo simbolico e sfuggente i cui contenuti sono spesso ambigui e che richiamano ai grandi valori dell’esistenza. Ella riesce a dare vita agli smarrimenti ed ai ritrovamenti che brulicano nel suo Io. Con questi versi la poetessa ripercorre luci ed ombre di sé, cesellando di malinconia, di sogni e rimpianti, il fluire del tempo, ornandolo di una realtà di pace e conforto, in cui la razionalità non perde i contorni e non viene mai meno. Nella lirica “L’ultimo boccio” il bocciolo traversa la composta luce e giunge al traguardo rosato; il bocciolo, una rara corolla, l’ultima, ma che è ancor più splendente e profumata, e qui un senso di armonia emerge, la stessa serenità che auguro vivamente all’autrice nel difficile cammino della vita.

 

Rosa Messuti

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