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La saggezza della follia

La saggezza della follia

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Quest’uomo di pensiero che ha fatto parlare molto di sé con i suoi libri precedenti, si ricollega a "Immenso", suo penultimo libro, per ribadire le ragioni della sua scrittura: l’estremo bisogno di chiarezza nella babele della nostra società.

E’ a tal proposito che titola quest’ultimo: “La saggezza della follia” titolo ossimorico per un tempo dove tutto è il contrario di tutto.

Arriva ad usare parole molto forti nella disamina del presente, non per indulgere alla volgarità, ma per battere sul loro terreno, spada contro spada le enormi volgarità che lo impregnano.

Un uomo, un sognatore che sente la grandezza della Creazione, che ne vorrebbe esaltata ogni forma non può che uscir di senno nel vederla defraudata, svilita, usata da grandi e piccoli uomini che per i loro vili interessi ne hanno snaturato la ragione dell’essere e del manifestarne l’insita magnificenza.

 E’ con questo spirito che dobbiamo leggere il suo libro e tenere in mente la ragione principale delle sue esternazioni. Non tiene conto della forma né del ritmo dei versi né della risonanza delle sue variegate espressioni: egli è come un fiume in piena e straripa dovunque.

Non vuole essere catalogato tra gli imbelli, tra i tiepidi, alza la voce e grida, con quanto fiato ha in gola, perché tutti lo sentano e capiscano che sono truffati da chiunque abbia potere su di essi.

Considera dettagliatamente sia in poesia che in prosa e nelle sue satire il malcostume dei nostri giorni, come ogni altro autore del passato che abbia ridicolizzato i potenti, mettendo in luce la loro effimera apparizione sulla scena del mondo, dediti al proprio interesse e dimentichi della loro alta missione, in favore del popolo.

Piange sulla Bellezza, prepotentemente aggredita del paesaggio, sulle Leggi disattese e s’infuria contro chi si arroghi il diritto di farsele per tutelare i propri interessi.

Ha riletto la storia scoprendone le incongruenze. Intrighi e vessazioni danneggiano il presente e il futuro com’è stato per il passato di cui si tramanda solo quello che fa comodo a chi dirige la penna dello storico di parte.

Non vi è settore della vita, che non abbia toccato e messo in ridicolo.

Si serve della Satira che tanta importanza ha avuto dal tempo dei Greci e dei Romani con Ennio, Lucilio, Orazio per citarne qualcuno, interessati a stigmatizzare tutti gli abusi di potere, la corruzione della società e il ruolo politico e sociale della religione e naturalmente è stata sempre attaccata da parte dei potenti del tempo.

La Satira non è soltanto un genere letterario il cui verso principe è l’esametro, ma anche rappresentazione teatrale, infatti nasce dal dramma satiresco, posteriore alla tragedia con la Commedia greca di Aristofane.

L’importanza di questo genere letterario è di proporre punti di vista alternativi, seminare dubbi, smascherare le ipocrisie, attaccare i pregiudizi e mettere in discussione le convinzioni.

 Il nostro polemista barese ha molto in comune con Giovenale, lo scrittore di satira indignata, del periodo dei Flavi, che la considerava unica forma letteraria in grado di denunciare al meglio l’abiezione dell’umanità a lui contemporanea.

La menzogna è divenuta un’arte nel mondo e nonostante la si indori non sfugge a chi come lui non si lascia distrarre dalle sue piroette.

Quanta sete di verità traspare dalle sue opere, quanta voglia di giustizia, di ristabilimento di diritti uguali per tutti.

E’ un guerriero che agita la sua penna in favore dei diritti umani, del ristabilimento della sacralità della vita e dei diritti del singolo a vivere la sua esistenza, come diritto naturale e non come un’esperienza di ingiustizia continua, comminatagli da chi invece dovrebbe tutelarlo.

Lo fa a modo suo, con l’irruenza che gli è consona, con la rabbia di chi è impotente, dinanzi alla sequela di errori ai danni dell’uomo, che nella sua piccola vita, non fa in tempo nemmeno ad elencare.

Ben vengano gli scrittori, come Antonio Padovano. che a muso duro, abbiano il coraggio di dire la loro, per scuotere dall’intorpidimento quelli che si sono lasciati andare e quelli che hanno fatto il callo all’oppressione continua e non sperano di poter rialzare il capo.

 Il suo incitamento va soprattutto ai giovani affinchè non si arrendano allo status quo e si attivino a rinnovare la vita politica, prendendo spunto dagli stati più avanzati e lasciandosi dietro per sempre i vecchi, fallimentari modelli di governo.

Abituati a guardare più alle apparenze che alla sostanza, alcuni sono tentati di bollare un’opera perché l’autore non rispetta certe regole, perché ignora la punteggiatura, perché usa un linguaggio scurrile e non apprezza, invece, che scoperchi pentole dentro cui si preparano misture mortali, che si impongano regole insulse e deleterie, che si opprimano i deboli a favore dei potenti e dilaghi ogni sorta di perversione.

Quanta finezza c’è in queste cose e quanta moralità e rispetto delle regole? Dobbiamo rivedere il nostro metro di giudizio e lasciare ad ognuno la libertà di esprimersi, secondo il proprio temperamento. Vogliamo sminuirlo, mentre prende le nostre parti, nell’insaziabile desiderio di ristabilire un’equità a tutti i livelli?

Nessuno lo ha delegato a farlo, ma da sé ha scelto di essere l’Avvocato di una società alla deriva e l’accusatore di tutti i malversatori.

Grazie, anima di fuoco, che incendi a parole il vecchio mondo per ristabilirne uno nuovo, in cui si pratichino la giustizia, la trasparenza, la vera fratellanza e l’unità dei popoli e il rispetto di tutte le creature viventi.

 

Angela Furcas

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