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Eboli dialettale

Eboli dialettale

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Ecco finalmente in libreria una nuova opera di Gaetano Ciao, un autore che ha già dato alle stampe notevoli contributi alla produzione letteraria ebolitana: poesie, articoli, saggi, tutti con l’obiettivo puntato su Eboli.

In questa sua nuova fatica egli ricostruisce ed analizza il passato linguistico della nostra città, e lo fa utilizzando un metodo che mette insieme strumenti scientifici e amore appassionato per la propria terra e le proprie radici.

Quello che Gaetano Ciao ci regala è una carrellata di vocaboli, di toponimi, di espressioni, proverbi, modi di dire, filastrocche altrimenti condannati all’oblio, travolti da nuove parole, da nuovi modi di esprimersi, da nuove forme di comunicazione. Ma soprattutto, ed è questo l’aspetto del libro che mi ha affascinata di più, ci fornisce le spiegazioni di queste parole, ci “racconta” la loro storia, accompagnandoci nel lungo percorso che dalle origini, che Gaetano Ciao indica nel latino volgare, le ha portate fino a noi.

Per raccontare questa evoluzione l’autore ci fornisce le conoscenze basilari per comprendere l’origine delle modificazioni della lingua nel corso dei secoli. Così finalmente capiamo perché nel nostro dialetto non c’è, o pare che non ci sia, la vocale finale; perché certe parole differiscono fra l’area napoletana – ebolitana e quella cilentana – lucana; perché in dialetto il pioppo è maschile, ‘u chiuppe, e più pioppi sono femminili, ‘e chioppe e tantissime altri fenomeni affascinanti del nostro modo di parlare. È l’incontro e la fusione con popolazioni, e quindi con culture, mentalità e modi diversi di articolare le parole, ci spiega l’autore, che ha determinato queste trasformazioni. Così apprendiamo l’esistenza di fenomeni come il rotacismo, il frangimento, la metafonesi, la lenizione e così via. Concetti grammaticali e sintattici apparentemente difficili, ma che Ciao ci fornisce semplificandoli, che ci aiutano a capire chi eravamo, da dove veniamo e, soprattutto, dove andiamo.

Sì, ci aiutano a capire anche dove andiamo, perché il nostro modo di parlare è la spia, la cartina di tornasole della nostra evoluzione. E allora viene da chiederci: come mai, nonostante sia stato ostacolato nel periodo post unitario, addirittura messo al bando nel periodo fascista, trattato con supponenza nella seconda metà del ‘900, il dialetto riemerge nell’intimità delle nostre case, nelle nostre conversazioni familiari, nei luoghi di lavoro, nei momenti di rabbia, quando vogliamo affermare con chiarezza un concetto fondamentale, quando vogliamo esprimere un’emozione importante? Come mai proliferano i libri in dialetto, perché il Commissario Montalbano, i racconti del Bar Lume, i racconti di Andrea Vitali, i concorsi di poesia in vernacolo, hanno tanto successo?

Forse perché è caduta l’illusione che la globalizzazione avrebbe risolto tutti i nostri problemi. Questo modello ha rivelato tragicamente tutte le sue criticità, le sue debolezze, la sua incapacità di fornire all’uomo i mezzi migliori per affrontare l’esistenza. Ed allora ecco che l’uomo ricerca, consciamente o inconsciamente, ciò che lo fa sentire protetto, più sicuro, consapevole di se stesso e delle sue potenzialità. Ecco riemergere la saggezza degli avi, ecco sentire di nuovo il gusto di certi prodotti, che nascono solo qui; ecco riaccendersi l’amore per la propria terra, che è diversa da quella degli altri; ecco riscoprire la bellezza di certi paesaggi, che abbiamo solo noi; ecco comprendere la musicalità di certi suoni, che sono solo nostri, che vengono da lontano, sono le parole, i pensieri, le intuizioni di donne e uomini che hanno affrontato nei secoli avversità di ogni tipo, che hanno saputo prendere il meglio dai popoli con cui venivano in contatto, e che sono sopravvissuti, grazie a queste capacità, fino ad arrivare a noi.

Queste capacità di adattarsi, di selezionare ed utilizzare esperienze accumulate nei secoli, le troviamo scolpite nelle parole, e le apprendiamo nei proverbi, di cui Gaetano Ciao ci da’ un’ampia panoramica, dedicando ad essi un’intera sezione. Sono circa 300 proverbi, classificati in 16 categorie, che hanno fatto parte della nostra vita e che riaffiorano alla memoria, grazie all’opera paziente di questo Ebolitano innamorato del suo paese, restituendoci quelle che sono generalmente chiamate perle di saggezza, ma che sono molto di più: sono informazioni preziose su come comportarci, su come affrontare la vita, le persone, la natura, i fenomeni atmosferici, le dinamiche del Potere, sperimentate, elaborate, sintetizzate e trasmesse da chi, grazie a quelle esperienze, è sopravvissuto e ha reso bello, ricco, ambito ed accogliente il luogo in cui viviamo.

Ringrazio Gaetano Ciao per avermi dato l’onore di tenere a battesimo il suo bel libro che, ne sono sicura, arricchirà la biblioteca di tutti gli Ebolitani che amano Eboli, che non sono pochi, vecchi, nostalgici, come si vuol far credere: sono tantissimi, e sono soprattutto giovani. Lo sa bene chi, con un po’ di attenzione, segue la vicende culturali ebolitane: giovani che stanno seduti sui “gradoni vecchi” di via Ripa a parlare per ore, così come noi parlavamo per ore seduti sul muretto della Piazza, gente che pattuglia gli angoli più suggestivi con la macchina fotografica, blog dedicati a Eboli, pagine facebook, circoli letterari, attori dialettali, brillanti musicisti che preferiscono restare qui anziché rincorrere il successo nelle grandi metropoli, cuochi, gastronomi, pittori, scultori. Eboli è tutto questo, anche se molti non se ne accorgono.

Ed Eboli parla ebolitano: un dialetto che non è più quello legato all’artigianato e ai lavori agricoli, che erano il substrato culturale delle passate generazioni. Quel lessico è mutato, si è evoluto incontrandosi con le nuove culture arrivate a noi dai nuovi strumenti di comunicazione, la tv, internet, facebook, i 120 caratteri di Twitter, ma incontrandosi anche con le popolazioni che si muovono verso di noi: sui cantieri, nei supermercati, nelle aziende agricole, nelle corsie di ospedali si sentono bulgari, romeni, marocchini, pachistani, ucraini che parlano in dialetto ebolitano. Lo fanno storpiando certe parole, contaminandolo con certe espressioni, attribuendo inflessioni particolari. La storia continua dunque.

A tutti questi Ebolitani, dunque, buona lettura: qui troverete molte cose che vi riguardano e vi incuriosiranno alla fine del libro vi verrà voglia di cliccare “me piace”.

 

Flavia Falcone 

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