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Gioi. Immagini & Parole

Gioi. Immagini & Parole

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Sergio Salati , un cognome prettamente gioiese, presente nello Stato di Gioi già fin dal XVI secolo, se non prima.

I Salati son stati Sindaci, sacerdoti, parroci, arcipreti, abati, suore, scrittori, dotti, artigiani ed infine anche poeti, come il caso del nostro Sergio.

Della famiglia Salati si riporta un aneddoto il quale a tramandarcelo è Lucido De Stefano nella sua opera manoscritta: “Don Geronimo Carafa, Principe di Castel San Lorenzo, mandò un suo cavallo nel Vallo per fargli mettere li ferri ai piedi, accadde che, anche colà, per l’identico motivo si era portato un Salati della Terra di Gioi, e volendo il mastro ferraio servire per prima il Principe, il Salati diede dei colpi di staffile1 sulla persona del fabbro e lo costrinse a mettere i ferri prima al suo cavallo e poi a quello del Principe. Saputo ciò, il Principe, con il consiglio del duca di Aquara don Troiano Spinelli, suo parente, radunò una numerosa squadra di gente armata e una mattina il principe con la squadra si portò a Gioi, dove appena fatto giorno e circondato il palazzo dei Salati, il Principe fece bussare. Il Salati si vide assediato, senza saperne la causa, per evitare maggior pericolo andò ad aprire di persona la porta. Il Principe lo fece prendere con dei staffili alle mani, gli diede tanti colpi che gli fece le carni nere come un carbone, dicendogli: “Tu sei uomo di pigliarsela con Principi, non ti ammazzo per non darti l’onore di esser morto per le mie mani”. Ciò fatto fece entrare la maggior parte di quella gente in casa e la fece mettere a sacco buttando dalle finestre tutti i mobili, senza far prendere nulla e se ne ritornò a San Lorenzo”.

Pietro Ebner riporta che G. Pepe e P. Colletta raccontano di un certo capitano Alessandro Salati, comandante della milizia locale, conosciuto come uomo poco dedito alle pratiche religiose. Il Padre Guardiano del convento di San Francesco, fra Ambrogio d’Altavilla, non contento di aver negato al Salati la comunione perché ritenuto incredulo, una domenica mattina del 1816, dall’alto dell’altare della chiesa parata a lutto e presente il popolo, lanciò contro il Salati una solenne scomunica. Il popolo non tollerò il gesto del Padre il quale non venne linciato solo perché il Salati, avvalendosi del prestigio di cui godeva la sua famiglia, si adoperò per portare la calma.

Questo è un esempio di come sono stati i Salati.

La lettura delle poesie di Sergio salati m’han riportato indietro nel tempo, non di tanto, ma a quel dì in cui ebbi la fortuna di accettare l’invito di un gioiese: Giacomo Di Matteo. Aveva insistito tanto che non ebbi il coraggio di rifiutare, promettendogli di recarmi a Gioi ma con la promessa di incontrare anche il mio caro amico, il maestro Mario Romano.

Era un giorno di fine ottobre, il clima mite, una giornata assolata ed in compagnia di Giacomo, da Omignano Scalo ci avviammo verso Gioi.

I colori autunnali, il giallo ed il colore degli alberi sempre verdi, il rosso dei corbezzoli, l’aria fine, il sole, tutto questo illuminava la vallata e da lontano Gioi che appena si vedeva.

Già nello scrivere avverto l’emozione d’incontrare un luogo sconosciuto… chissà cosa mi dirà… chissà se mi accetterà.

Emozioni forti… certamente quelle di Sergio, quando torna nella sua Terra natia, sono più intense. L’ansia di rivedere quelle strade, quei vicoli, quelle chiese, quelle piazzette, quei borghi romantici. L’emozione di chi sta lontano e che si sente a casa già allo Schito o ancora prima quando ammira il fiumicello a valle che poco scorre.

Ebbene, quel giorno ad accettarmi non è stato solo Giacomo e Mario con Maria, sua moglie … ma anche Gioi.

Gioi, bellissimo, stupendo, caro, unico che a prima vista mi ha fatto innamorare di se e dolcemente ha rapito il mio cuore… ed ogni volta che ci torno porto qualcuno con me, non per compagnia ma per far conoscere, oltre ai miei amici, specialmente Gioi, con la sua Piazza, con il suo Maniero che nell’immaginazione vedo irto e padroneggiante sull’alto colle, a difendere, con le sue tredici torri la capitale dello Stato di Gioi.

Sergio Salati, nomina tanti personaggi, e forse l’unico che conosco è don Guglielmo, il parroco che da tanti lustri cura le poche centinaia di anime che affollano le chiese di San Nicola e Sant’Eustachio e qualche volta la chiesa di Santa Maria della Porta e quella dello Schito, anche se si sentono orfani della vetusta chiesa conventuale di San Francesco, che il Sergio tante volte annovera.

Voglio dire a tutti voi ed anche a me stesso: “San Francesco è lì che ci attende” e come fece il Santo di Assisi che riparò la chiesa di San Damiano, così dovremmo fare noi: riparare la chiesa di San Francesco.

Come son belle le poesie che rammentano l’infanzia, il periodo scolastico, le festività … quando ci accontentavamo di poco, ed eravamo felici.

Mi reco a Gioi e negli occhi guardo gli abitanti e vedo in loro la sincerità, la bontà, l’onestà. Tutti amano i propri luoghi, tutti sanno di tutti e ancora davanti alle porte di case c’è la chiave dove chiunque può aprire… e se il profumo della frittata di cipolle, fatta dalla vicina di casa, invade le narici, sta sicuro che un pezzo è anche tuo. Non c’è leccornia che vien consumata da soli ma ogni occasione è convivialità.

La bellezza di questo libro non è solo l’insieme dei pensieri di Sergio Salati ma anche i quadri che lo arricchiscono perché lui stesso ha voluto la collaborazione del maestro Mario Romano.

E’ risaputo che la poesia è un quadro dipinto con le parole ed ad abbellire il libro ci sono i quadri di Mario Romano che non sono altro che poesie dipinte col pennello.

Come dice anche Sergio Salati, i quadri di Mario sono opere d’arte di grande valore. Si possono scorgere le rughe nei suoi ritratti, dove riesci anche a leggere i pensieri e la stanchezza giornaliera del protagonista, com’anche si legge la naturalezza della mucca che allatta e del capretto che succhia il latte dalla mamma … scene vive, scene vere.

Ed i vicoli così ben descritti da Sergio e ben raffigurati da Mario mica fanno invidia alle chiese di San Nicola e Sant’Eustachio? No! Tutto è armonioso.

Il lettore, il Gioiese, non deve far altro che ringraziare questi due nostri artisti, l’uno con la penna e l’altro col pennello che hanno amore e nostalgia per Gioi.

Giuseppe Barra

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