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Giardino dei Lillà

Giardino dei Lillà

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La poesia di Samantha D’Annunzio nasce dall’esigenza viscerale di dar voce al suo grido di dolore e mettere fuori i suoi stati d’animo, diventando per lei di vitale importanza.

Un’arma con la quale combattere il male del secolo, forse più delle medicine, lacerante sotto tanti aspetti, di cui, lei ha fatto scettro di vita e di speranza. L’autrice ci porta per mano attraverso il labirinto della sua anima, fra i suoi versi, i suoi racconti e le parole sgorgano spontanee, come acqua dalla sorgente. L’esigenza di non voler restare da sola nella sua sofferenza, farsi aiutare dallo spirito di un misterioso lettore, condividendo con esso il peso di ogni sua preoccupazione, per alleggerirsi di quanto la opprime. Grazie alla sua spontaneità e alla grande sensibilità, ci racconta in versi il suo vissuto, il suo rapporto con la malattia, con naturalezza, senza veli oserei dire, rivelandoci il suo segreto. Attraverso le rime riesce a liberarsi della sua angoscia, giorno per giorno, facendo quindi spazio a ogni nuova preoccupazione, che inevitabilmente arriva e poter trovare anch’essa, al più presto, il suo uscio. Ecco perché “Giardino dei Lillà - Edizioni Il Saggio” è una raccolta di versi che ho molto apprezzato, per la grande forza che l’autrice ha messo nel raccontare la sua vita e il suo percorso certamente per nulla facile, che giorno dopo giorno affronta, riuscendo a trasformarlo in un ricamo di versi che si elevano nell’immensità “celeste” e s’incastrano l’uno dietro l’altro, come una sorta di puzzle della sua vita: “Buongiorno ai dolci versi”, diventa quindi “solo poesia e gioia per il cuore”.

Riesce a sopravvivere alla sua malattia e le reagisce, trovando sollievo quando scrive: “Piango, soffro, ma voglio vivere”. Samantha, ormai, dopo anni di battaglie contro la sua malattia, alla stregua di un impavido guerriero, vive il suo quotidiano affrontando l’incerto destino, spera più per il bene dei suoi cari che per se stessa, in un domani che non le riservi altre brutte sorprese, di guarire e vincere la sua guerra. Nel tempo ha scoperto le radici del suo coraggio e queste, ormai, le consentono di affrontare qualsiasi cosa.

Quando inevitabilmente vede il suo corpo cambiare reagisce così: “Nascondo il mio corpo ad uno specchio” e s’incoraggia con: “Sorridi, non piangere, il tuo sorriso è vita, il tuo sorriso è speranza”, e poi: “Domani ricomincerò a sognare, ci sarà un’altra alba, un altro tramonto da guardare”. Tanta è la sua voglia di vivere e godere del presente, ha trovato un’arma con la quale esaminare e sconfiggere la peggiore delle ipotesi, è il suo angelo custode, sua madre. Nei suoi versi la mamma è presente, spesso, ogni volta che può, direi; lei l’ha preceduta in cielo e solo la fede e la speranza le offrono, ora, la consapevolezza che un giorno, le loro anime immortali si ritroveranno in eterno. Quest’immagine prende forma nella sua mente con una tale potenza, da consentirle di scacciare la naturale paura della morte, dandole nel contempo, la forza di apprezzare ogni istante della vita, come fosse l’ultimo.

Lucia Gaeta

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