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La spedizione del dirigibile Norge. Dai precursori artici alla spedizione Amundsen-Ellsworth-Nobile del 1926

La spedizione del dirigibile Norge. Dai precursori artici alla spedizione Amundsen-Ellsworth-Nobile del 1926

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Nella sua pregevole opera cinematografica del 1982 sulla spedizione polare di Salomon August Andrée, il regista svedese Jan Troell immaginava il breve incontro, nel 1897, di un giornalista col grande esploratore Fridtjof Nansen, appena rientrato dalla sua straordinaria esplorazione polare. Alla domanda "cosa c’è di tanto interessante nel Polo Nord?", Nansen risponde: "nessuno lo sa. Ecco perché è interessante."

Si potrebbe parafrasare la domanda e interrogarsi sulla perdurante popolarità delle imprese che portarono al primo raggiungimento del Polo Nord, a circa un secolo dai fatti, secolo peraltro in cui le prospettive umane sul viaggio, sull’esplorazione e sullo stesso ambiente terrestre sono grandemente mutate.

Il cosiddetto "Amundsen-Ellsworth-Nobile Transpolar Flight" del 1926, prima trasvolata dell’Artide, fu un’impresa memorabile per vari motivi. La sua portata storica si è palesata in modi diversi tra i contemporanei e le generazioni successive. Nell’epoca in cui si svolse, il volo polare del dirigibile NORGE fu oggetto di racconti epici, centrati sui differenti e complementari ruoli dei protagonisti, particolarmente dell’esploratore norvegese Roald Amundsen e dell’ingegnere italiano Umberto Nobile. Al di là dei caratteri e delle vicende personali degli individui, i due uomini furono additati – forse anche più di quanto essi stessi non volessero – a campioni e simboli di identità nazionali, aspirazioni geopolitiche, approcci al mondo delle esplorazioni e della ricerca scientifica. Arrivarono per primi a compiere un’impresa che era stata il sogno irrealizzato di generazioni di loro predecessori; ma fu anche in forza di quei sogni, delle molte imprese finite in tragedia, del sacrificio di tanti ambiziosi, che Amundsen e Nobile poterono riuscire dove tutti gli altri prima di loro avevano fallito. Questo dato emerge anche dall’ampio spazio che il libro dedica a ripercorrere, in una carrellata narrativa avvincente, la storia dei precursori e di coloro che, con le loro esperienze, aprirono la strada all’impresa del 1926.

Questo libro viene pubblicato a novantacinque anni dall’impresa del NORGE. È un testo di accattivante ed agevole lettura, rivolto al grande pubblico e nato per iniziativa di autori che rientrano fra quei "depositari della memoria" che sono in prima linea nel tramandare conoscenza e narrazione sui fatti di cui scrivono; col valore aggiunto, per alcuni di essi, di recare testimonianza anche collettiva di comunità – in particolare le comunità di Lauro ed Eboli – che hanno avuto il costruttore e comandante del NORGE, l’ingegner Umberto Nobile, come proprio rispettato ed affezionato concittadino. Non è un caso, del resto, che proprio il Museo Umberto Nobile di Lauro costituisca importante fonte archivistica per molti dati presenti nelle pagine che seguono.

Comune ai diversi "contributors" che hanno reso possibile questa pubblicazione è l’intento divulgativo; opera meritoria, specie se si considera come a distanza di così tanto tempo esista ancora una indubbia vivacità del dibattito sulle vicende narrate in questo libro. Il dato è tanto più rilevante se si riflette sul fatto che la dialettica non si manifesta solo fra correnti storiografiche ma, emblematicamente, anche nelle diverse tradizioni che sono entrate nella percezione culturale dei diversi paesi coinvolti da quelle vicende. Vere e proprie istanze di epos geoculturalmente declinato, le tradizioni sono unanimi nel riferirsi ai fatti come parte significativa del rispettivo retaggio. Fra l’uno e l’altro caso, tuttavia, si riscontrano ancora importanti differenze di prospettiva: evoluzioni, queste ultime, di quelle diversità di vedute che si ebbero nei tempi andati, all’epoca dei fatti.

Si tratta, certo, di visioni più sofisticate, per molti aspetti; prodotti di narrazioni storiche molto successive, ma non meno legate alla percezione sociale e identitaria.

Entrare in questo mare magnum di punti di vista esulerebbe di molto dallo scopo di questa breve introduzione; tuttavia, a ormai quasi un secolo di distanza dall’impresa del NORGE, e da molto più tempo se si considerano le altre grandi imprese riassunte in questo libro, è interessante meditare sulle visioni che nei diversi paesi si svilupparono nei confronti dei fatti documentati: memorie che solo negli ultimi anni sembrano aver iniziato ad accettare quello che è in realtà un dato di fatto: che l’impresa di raggiungere nel 1926 il Polo Nord non sarebbe stata possibile senza quello che fu, in realtà, un esempio fulgido di cooperazione internazionale in un’operazione tecnica razionalmente pianificata e condotta.

Dal lavoro appassionato dei curatori e degli autori delle varie sezioni di questo libro emerge una trattazione composita e foriera di riflessione e approfondimenti. Vediamo riportate testimonianze dirette, fonti edite e documenti d’archivio inediti; queste fonti sono presentate in interessanti correlazioni che aiutano anche a far luce, in una visuale di ampio respiro, su come gli eventi storici furono vissuti e raccontati dai protagonisti e dai rispettivi gruppi di appartenenza. I lettori - soprattutto i giovani - che non hanno mai avuto modo di conoscere queste vicende, potranno agevolmente entrare in contatto coi fatti e gli uomini che li vissero. Gli appassionati e gli esperti, già familiari con molti dei temi trattati, troveranno qui, con riguardo particolarmente alla spedizione del NORGE, un utile "panorama sinottico" delle più rilevanti testimonianze memorialistiche, associate in modo ragionato a documenti d’archivio che vengono qui presentati integralmente.

Fra questi documenti certo spiccano – in una luce per qualche aspetto struggente – le pagine del Brogliaccio di volo del NORGE, fonte principe per il racconto del volo transpolare. Esse restano agli atti della storia grazie alle lungimiranti copie digitali a colori, che ne furono ricavate anni fa e che sono oggi conservate proprio presso il Museo di Lauro. Il Brogliaccio originale, come è noto, è andato irrimediabilmente perduto il 4 marzo 2013, nell’incendio che ha distrutto la Città della Scienza.

Questo libro, come opera collettiva, intende contribuire al ricordo di un singolare ed avvincente capitolo nella storia delle esplorazioni umane e riproporne, a distanza di tanto tempo e a beneficio delle generazioni future, le grandi lezioni sulla necessità della collaborazione tecnico-scientifica e della cooperazione internazionale; soprattutto, il grande insegnamento che per progettare ed effettuare grandi imprese è necessario sviluppare una piena comprensione dei fenomeni e delle sfide; lezioni e insegnamento che restano ancora oggi di grande attualità e che vale la pena di tramandare alle future generazioni.

Gianluca Casagrande

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