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Il culto dei Santi Martiri nell’antico Stato di Magliano

Il culto dei Santi Martiri nell’antico Stato di Magliano

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Nel vasto mondo dell’animo umano un angolo non certamente piccolo è riservato alle reminiscenze e agli angosciosi interrogativi di ciò che ci attenderà dopo la morte. Questo secondo fattore scatena in noi tutta la consapevolezza che siamo deboli, con il bisogno di un essere superiore, che ci comprenda e, con la sua protezione, ci aiuti nelle lotte per la vita.

È pure una cosa molto bella sapersi commuovere di fronte alle debolezze altrui e provare un senso di comunione verso gli altri, verso chi soffre e vive nel bisogno. Tutte queste cose, messe insieme, danno sfogo all’esigenza, quella che dura dalla notte dei tempi, di mettersi in fila in processione, a seguire una statua o un quadro, del santo patrono o della Vergine e, magari, scoprire che questi diventano oggetto di imprecazioni e di bestemmie, quando il loro aiuto non c’è, oppure è inferiore alle tue attese. Non si è mai vista una schiera di animali seguire una processione di un santo (tranne qualche cane, magari preso dalla curiosità…); l’uomo, invece, ha bisogno di non sentirsi solo e di conforto.

Poi, c’è il mondo dei ricordi, un’altra spina per i sentimenti umani, un mondo che ci fa gioire, ma che dà anche tanta tristezza, particolarmente quando le prospettive future si stanno esaurendo ed i ricordi diventano simili ad un vasto oceano: i genitori, i fratelli, gli altri familiari, i benefattori, gli amici, i parenti, le circostanze particolari, liete e dolorose che siano…; hanno la capacità di farti dimenticare le discordie e le inimicizie con le lotte di interessi. Per un giorno, però, perché tutto torna come prima nella crudele lotta per la sopravvivenza.

Quando a queste esigenze psicologiche si aggiunge l’amore per la propria terra, per il proprio passato, per l’identità di un luogo caro, nasce l’amore per lo studio del passato che, in questo caso, sfocia nel libro di Antonio Infante “Il culto dei santi nell’antico stato di Magliano”.

In questo modo si compie un viaggio nel tempo, fino agli anni in cui giunsero nel Cilento i monaci italo-greci, e forse prima, quando dominavano i longobardi e i bizantini e vennero introdotti nelle nostre contrade i culti di tanti santi, altrimenti sconosciuti.

C’è, poi, pure lo sforzo di far luce su tante verità nascoste, sulle trasformazioni avvenute, la nascita di nuove cappelle, chiese, riti, processioni propiziatorie e feste votive.

Così è trascorso tanto tempo e tante cose cambiate, forse tranne una: la consapevolezza di essere deboli con la necessità di affidarci a qualcuno che ci protegga. Da qui il durare della religione, della religiosità e della ritualità, nel bene e nel male.

Mario Garofalo

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