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Nel mondo del libri Matteo Cuomo a cura di Vitina Paesano

Nel mondo del libri Matteo Cuomo a cura di Vitina Paesano

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Matteo Cuomo scriveva questo libro nel 1911 ed è così attuale che sembra l’avesse scritto oggi.

Evidenzia con molto stile la mancanza di lettura. La gente pensa ad altro, la gente non legge più. Dice esplicitamente che nel domani non ci saranno più libri e che saranno sostituiti da chissà che cosa. La profezia si è avverata ma Matteo Cuomo non c’è più e non può vedere che il libro è nell’infimo.

Il libro è stato sostituito non solo dai CD Rom, dai Tablet e dagli e-book, ma anche da giochi e altri marchingegni elettronici. Se la gente leggesse almeno quelli sarebbe già un grande successo … la maggior parte della gente non legge … ignora anche queste cose. E’ vero … anticamente la gente non sapeva leggere, moltissimi erano analfabeta, ma chi leggeva aveva amore per il libro.

Matteo Cuomo era innamorato dei libri. Lui li curava, li rispettava ed i libri erano sempre con lui … nel suo cuore, così ha avuto la capacità di stilare il presente lavoro. Definirei questo grande amore per i libri, una malattia.

Questa malattia è anche mia. Come non voglio che qualcuno tocchi la persona che amo, così non voglio che qualcuno tocchi i miei libri. Mi è capitato che un dì prestai un libro ad uno che si dichiara mio amico … ma haime! Ha dimenticato di restituirmelo, anzi lui afferma di avermelo restituito prontamente. Dietro quest’esperienza ho perso un amico … ma la cosa più grave è che ho perso un libro.

Colgo l’occasione per dirvi pubblicamente, cari amici … non chiedetemi nessun libro in prestito perché preferisco avervi come amici e ancor più preferisco che i miei libri restino con me.

Anche i miei libri hanno un anima ed hanno dei sentimenti, tant’è che tra i tanti desidero raccontarvi ciò che un giorno mi ha narrato uno dei miei libri: “Ero già esistente e composto qualche tempo prima del 1611 quando Padre Antonio da Castelnuovo con una penna d’oca a punta piccola che inzuppava nell’inchiostro posto in un calamaio, scriveva sui miei fogli sacre parole. A volte la penna mi solleticava e Padre Antonio con la sua mano ferma tirava dritto come se in me ci fossero dei righi. Il Cappuccino cominciò a scrivere nelle lunghe sere d’inverno, vicino al caminetto che si trovava nella sala di ricreazione e nonostante il chiacchierio degli altri frati, lui era concentrato nel redigere. La mia coperta di pecora ben stesa sopra ad un cartone pressato mi faceva apparire come un raro gioiello. Padre Antonio mi teneva sempre con sé, tutti i giorni, anche di notte. Mi usava quotidianamente. Mi sentivo importante, utile e prezioso. Nelle sue mani ero necessario in ogni occasione. A volte, quando meditava, rileggeva ciò che aveva impresso in me ed io quando ero tra le sue mani avvertivo il suo calore, il suo amore per me. Un giorno però, mentre stavo percependo il solito calore, sentii un freddo gelido. Qualcuno poi mi tolse dalle gelide mani di padre Antonio e mi ripose nello scaffale della cella dove ero solito stare in alcuni momenti. Sentii in me una grande tristezza quando all’alba nessuno mi aprì per leggere le lodi a Dio. Era l’anno 1656, l’epoca della peste bubbonica. Molti ascesero al Signore e tra questi anche Padre Antonio che fino a pochi giorni prima con me tra le mani confessava e dava gli Oli Santi agli infermi. Dopo poco tempo qualcuno mi portò via e mi ripose insieme a tanti altri miei simili, molti dei quali erano più vecchi di me. Altri più giovani, altri più piccoli, chi più grande, chi bello, chi rovinato, chi nuovo. Molti erano scritti a mano, e tantissimi a stampa, che erano i preferiti … erano più leggibili. Sono stato in quello scaffale per più di un secolo. Raramente qualcuno si interessava a me, raramente qualcuno apriva le mie pagine. Ho sentito dire che un giorno i francesi occuparono il Regno di Napoli, era il 1806 e nell’anno dopo emanarono la legge per la soppressione di conventi e monasteri. Nel 1809 requisirono tutti i beni degli ordini religiosi, tra cui anche le biblioteche. Molti libri, ritenuti più interessanti, furono trasferiti in Francia. Molti altri in biblioteche dello stesso Ordine e molti venduti ai possidenti del luogo a pochi ducati. Io sono capitato tra questi ultimi e sono restato in zona. I miei nuovi proprietari mi hanno riposto in una biblioteca ed ho accumulato tanta e tanta di quella polvere che “i pesciolini della carta” scelsero me per farvi la propria abitazione. Un giorno dopo il sisma del 1980, qualcuno decise di ripulire casa e mi buttò insieme a tanti altri miei simile e feci parte di un falò che la una signora accese con dell’alcool. Passò di lì un tal Peppe che alla vista di ciò si buttò nel falò e salvò me e gli altri. Tanti recano ancora i segni, fortunatamente a me non capitò quasi nulla eccetto qualche ruga sulla copertina. Ora sto nella biblioteca di Peppe Barra e lui mi tocca con delicatezza. Quando viene qualcuno il più delle volte vedo che chiude la porta della camera e non vi fa entrare nessuno. Solo raramente mi presenta qualche viso nuovo, ma deve essere proprio una persona che gli è cara per permetterle di toccarmi. Ho appena 404 anni e vorrei vivere ancora.

Si cari amici … i miei libri mi parlano, mi raccontano la loro storia e Matteo Cuomo ha parlato dei libri come se fossero stati suoi amici. Li conosceva bene. Conosceva il contenuto, conosceva gli autori, conosceva la gente e chissà ora la sua biblioteca dov’è, i suoi libri a chi racconteranno la loro storia. Spero che la raccontino ad una persona sensibile così che questi l’ascoltino … che peccato sarebbe se quei libri che sono stati tra le mani del Cuomo oggi fossero chissà dove o che non ci fossero addirittura più.

Giuseppe Barra

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