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Ebulus, dulce solum. Per un’ipotesi etimologica sull’origine greco-romana dei toponimi principali di Eboli

Ebulus, dulce solum. Per un’ipotesi etimologica sull’origine greco-romana dei toponimi principali di Eboli

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Quando Manuel Miranda mi ha sottoposto la breve trattazione sull’anamnesi etimologica di taluni toponimi locali e l’etimo stesso della città di Eboli, di buon grado ho accettato di sviluppare un sintetico preambolo diacronico sui “nomi parlanti” o “toponimi” le cui origini si perdono nella narrazione orale delle civiltà mediterranee.

Le erudite argomentazioni del suo ponderato saggio, l’eleganza discorsiva e la sorprendente sintesi di trattazione, proiettano Eboli in una dimensione straordinaria, dove le antiche pietre raccontano una storia millenaria e la scrittura, non ancora codificata sulle coste italiche, riconduce ai soli popoli della “Mezzaluna fertile”.

L’assenza di sistemi alfabetici in area Mediterranea affida al “mythos” la storia collettiva dell’occidente e agli “aedi” il monopolio della testimonianza orale. Una civiltà che consegna la sua memoria al racconto, esige una severa elaborazione “mnemotecnica” del linguaggio, continue esercitazioni semantiche, al fine di comporre, non per parole ma per formule: “cataloghi”, da inserire  in esametri dattilici di cui l’Iliade e l’Odissea restano esempio. Prassi comune è il costante ricorso a “toponimi, nomi ed epiteti parlanti”, la cui etimologia condensa il prologo di un evento, le gesta più o meno eroiche del protagonista, le peculiarità geomorfologiche di un territorio o di città. Alcune di queste unioni producono locuzioni che, nella sfera religiosa, definiscono competenze e attitudini del dio a cui fanno riferimento.

Delfi, sede del famoso Oracolo, non sfugge a questa prassi, Omero la chiama “Pytho” riconducibile a “pythesthai”, che in greco significa marcire, per i miasmi putrescenti, di natura solforosa, che in quella particolare zona delle Fedriadi scaturivano da alcune fessure della terra.     

Eracle è un “nome parlante” e sintetizza l’ira divina che lo perseguiterà finché rimarrà in vita. L’eroe nasce come Alcide: “Alkeides” (uomo forte), per onorare il nonno Alceo. Vessato da Hera  è costretto ad affrontare le mitiche “fatiche” dalle quali riceverà gloria. Popolare come “Herakleos”, un sostantivo formato da “Hera” (riferito alla déa) e “kleos” (gloria),  il mito lo celebra come colui che, a causa di Hera, ha ottenuto gloria. Tra le divinità primeggia il figlio di Zeus e Latona: Apollo Delio - in ricordo del luogo di nascita -, Apollo Licio - perché sterminatore di lupi -, Apollo Skythos - l’oscuro-, Apollo Lossia - per la doppiezza dei suoi responsi -, Apollo Apotropaìos - per essere colui che tiene lontano il male -, Apollo Phoibos- splendente luminoso-,  Apollo Telfusio - per aver ucciso la perfida Telfusa e averne prosciugato la fonte.

Eboli, non si sottrae al “mythos” e i numerosi toponimi che ne hanno segnato la storia divengono il filo di Arianna che Manuel Miranda, con apprezzabile abilità semantica, segue, ne ricostruisce la genesi etimologica e rivela il significato, significante, di ciascun etimo.

 

Vincenzo Paudice

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