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150 anni suonati. La vera storia, tra fatti e misfatti, della Banda Musicale della Città di Eboli

150 anni suonati. La vera storia, tra fatti e misfatti, della Banda Musicale della Città di Eboli

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Il lavoro sulla Storia della Banda Musicale della città di Eboli di Armando Voza è decisamente pregevole ed encomiabile. Innanzitutto per il prezioso contributo che ha dato alla musicologia. Crediamo, infatti, che la storiografia musicale deve essere grata al nostro ricercatore per l’impegno profuso in un settore musicologico che da pochi anni ha cominciato a muovere i primi passi nell’ottica della rivalutazione di una realtà musicale tanto antica quanto deprezzata. Infatti la banda musicale ha origini antichissime e, pertanto, assai precedenti a quelle dell’orchestra. Questa, però, ha monopolizzato gli onori e i riconoscimenti della musica d’insieme relegando nell’oblio gli indiscutibili meriti della formazione bandistica. Alla base di questa fagocitazione ci sono diverse cause. Prima fra tutte quella di ordine sociologico, cui segue quella di ordine culturale.

Infatti sotto il profilo sociale, la banda musicale è stata ritenuta di seconda classe rispetto alla formazione orchestrale. Indubbiamente in tale classificazione gioca un ruolo di fondamentale importanza la maggiore varietà timbrica che gode l’orchestra rispetto alla banda. Questa, se si escludono le percussioni che hanno quasi esclusivamente una funzione ritmica, è essenzialmente monocolore essendo formata da soli fiati, mentre l’orchestra è pluricolore venendo costituita da archi, fiati, e percussioni. C’è poi un elemento storico-culturale-antropologico. La civiltà musicale bandistica di tradizione è legata ad un’epoca prebarocco-classico-romantica e adoperata prevalentemente per momenti celebrativi occasionali, mentre la formazione orchestrale è legata intimamente alla cultura barocco-classica e romantico-moderna con un crescendo numerico degli strumentisti sempre più adeguato alle esigenze sociali, culturali e musicali dei tempi.

La banda nasce sostanzialmente come supporto o enfatizzazione di manifestazioni legate al mondo militare in cui la parte prioritaria non è il suono per fondersi e armonizzarsi con l’arte e la cultura, ma l’enfasi a servizio delle armi, della gloria e della celebrazione della potenza, ma anche della realtà sacra e folcloristica popolare. La banda è rimasta sostanzialmente legata al popolo, alle masse, alle piazze per sottolineare momenti di festa, aggregazioni, determinate tradizioni, gratificando comunque il gusto dei semplici e offrendo a persone e a luoghi lontani dalla musica e dall’ambiente d’élite la stessa fruizione estetica del suono; l’orchestra, al contrario, si è esibita nelle corti, nelle sale da concerto, tra le frange aristocratiche della società e della cultura. Solo in tempi più recenti la banda, rivivendo la parabola del rapporto mondo greco-mondo latino, racchiuso nella laconica espressione oraziana, Graecia capta ferum victorem cepit (Epistole, II, 1, 156), si è riscattata dal suo basso stato per ripresentarsi con tutti i crismi della nobiltà linguistica, artistica, culturale quale “Orchestra di fiati” non solo per contrastare il primato orgoglioso dell’orchestra tradizionale ormai espressione standardizzata di popoli e culture, ma anche per interpretare novelle istanze musicali, linguistiche, sociali, artistiche di nuovi popoli e razze. Si pensi, ad es., alle band jazzistiche americane. La stessa banda lirico-sinfonica che si esibisce ancora con successo in talune regioni del centro-sud del nostro Paese reinterpretando la produzione musicale più significativa del nostro melodramma e quella più coloristica del romanticismo strumentale soprattutto russo, dove i fiati non sono solo colore, ma sostanza di quella civiltà rinnovata nel neo-linguaggio pseudo-dilettante del “Gruppo dei cinque”.

Forse oggi la grande differenza del passato tra “orchestra” e “banda-orchestra di fiati” non esiste più o certamente le due specificità si sono ravvicinate di gran lunga.

Un altro elemento, che ha contribuito ad accorciare le distanze e ad elevare la stima della banda, è decisamente l’afflusso nella militanza musicale delle sue file di nuove generazioni di musicisti provenienti sì dagli stessi ambienti e luoghi meno affacciati sulla grande musica, quella che contava, ma ugualmente preparati e provenienti dai Conservatori e da grandi scuole, a differenza degli antenati che non andavano al di là dell’approssimazione e dell’autodidattismo. Lo stesso livellamento culturale umanistico tra i due mondi, voluto dall’attuale ratio studiorum, è ulteriore motivo sia dell’avvicinamento delle due branche musicali, sia della nobilitazione dell’insieme di fiati.

Il lavoro di Armando Voza traccia con passione, competenza e precisione non solo lo spaccato storico della Banda di Eboli, ma della vita stessa della banda in tutte le sue sfaccettature: quelle più essenziali e quelle meno sostanziali. Il nostro baldo studioso, attraverso le numerose pagine del suo lavoro, fa rinascere e rivivere non solo la vita della banda, ma anche quella della civiltà socio-musicale della sua terra. Questa ricerca, insieme a poche altre alquanto recenti, contribuisce a colmare un ingiusto vuoto musicologico, e a rimuovere quell’impietoso velo dell’oblio da una civiltà musicale che è stata la colonna sonora di un passato agricolo autenticamente popolare e meridionale.

I 150 anni suonati del nostro studioso raccontano storie, ma illustrano anche aspetti pedagogici, tecnici, sociali della musica e fatti di persone e cose.

La narrazione sempre affidata ad un’attenta e limpida parlata spazia, all’ombra di un ingiustificato timore, nell’azzurro del suono nostrano svelandone aspetti reconditi e significativi.

L’Introduzione del collega e amico Giovanni De Falco traccia magistralmente il percorso essenziale della banda musicale corredandolo di riflessioni apparentemente non musicali ma che, al contrario, ne garantiscono la vita futura o ne decretano la morte.

La Prefazione dell’autore, mentre commuove per un’inutile quanto tenera confessione di quasi estraneità al mondo musicale, si lancia con competenza e fermezza in affermazioni e delucidazioni dell’organico bandistico supportandolo, per quanto concerne l’elemento economico-storico-sociale-socializzante, della singolare firma di Riccardo Muti.

Ne La funzione educativa della musica il Voza descrive la vita musicale dell’ensemble bandistico prima e dopo il “periodo unitario”. Il “preunitario” è soprattutto caratterizzato dalla vita degli ospizi (sorta di collegi-carceri o serragli) dove l’insegnamento e la pratica della musica d’insieme rappresentavano non solo una crescita umana e un’occasione di piacevole aggregazione, ma anche un passatempo meno triste in quegli ambienti perennemente grigi. Il periodo “postunitario” è caratterizzato da un decisivo affermarsi della formazione bandistica professionale secondo i nuovi schemi di Alessandro Vessella (1860-1929).

In Musica e memoria lo studioso sofferma l’attenzione sul rapporto musica-cervello, riportando i risultati scientifici più recenti, secondo cui lo sviluppo del cervello può ricevere stimoli positivi dalle pulsazioni sonore soprattutto consonanti. Tali stimoli influiscono sia la sfera fisica che quella psichica e spirituale. La riflessione del Voza è non solo pertinente al contesto del suo lavoro, ma anche accattivante per la maniera chiara e concisa con cui è espressa nonostante la complessità e la difficoltà della materia.

Nel paragrafo, L’insegnamento della musica nelle scuole, l’autore si pone un problema inconsueto nella trattazione di una simile materia: perché lo studio della musica è sistematicamente escluso dall’elenco delle discipline scolastiche maschili? L’interdizione sarà tolta del tutto solo nel 1963 con la “Riforma della Scuola Media Inferiore”! (legge 1859 del 31/XII/1962). Egli acutamente ne trova la motivazione innanzitutto nella svalutazione concettuale dell’elemento manuale e materiale supporto dello studio musicale in un contesto scolastico in cui l’elemento teoretico-filosofico ha il primato. Poi perché la musica, identificata con il melodramma che svalorizza la poesia (Muratori), è vista come elemento effeminante e indebolente di quella virilità che esalta, invece, le discipline di stampo militare inclusi gli insegnamenti sussidiari della scherma, ballo e disegno. E dato che la Chiesa, al contrario, è stata sempre interessata alla musica quale supporto e decoro della liturgia, ne ha difeso l’insegnamento attraverso un piccolo compromesso: lo studio è possibile se affidato a religiosi (nella fattispecie ai Gesuiti).

Nel successivo titolo, L’importanza della musica per i più piccoli, il nostro Armando avanza delle ipotesi che potrebbero suscitare qualche perplessità. Lui, affermato e riaffermato il principio della predisposizione cerebrale dei bambini alla musica attraverso il gioco sonoro, i limiti dell’insegnamento ufficiale della musica soprattutto nel primissimo insegnamento, e l’impossibilità di un insegnamento strumentale in tenera età, avanza l’ipotesi che le associazioni bandistiche potrebbero intervenire per sopperire alle carenze legislative scolastiche e al background di insegnanti di didattica musicale. Dove nasce la mia perplessità? Nella convinzione che la pedagogia musicale non condivida né il background, né l’impossibilità dell’insegnamento strumentale in tenera età. Probabilmente Armando si riferisce esclusivamente all’insegnamento di massa dove, al contrario, le sue affermazioni potrebbero avere un riscontro.

Un’ulteriore riflessione lo studioso riserva al Ruolo e significato della banda musicale, che egli ritrova innanzitutto nella sua particolare capacità di aggregazione, nel singolare ruolo di accompagnare le varie manifestazioni della vita sociale, nella diffusione della conoscenza della musica lirica e sinfonica in quei centri urbani che per la loro modestia mai avrebbero potuto ospitare grandi e importanti complessi lirico-sinfonici prima dell’avvento dei mass media e della riproduzione elettronica della musica. Interessante appare anche nello stesso paragrafo la ricerca sul significato del termine banda che, fondamentalmente, è e rimane “un complesso costituito da strumenti a fiato e percussioni” come conferma anche il nostro bravo ricercatore.

Il paragrafo che segue - Storia della banda musicale - che paragrafo non può qualificarsi bensì pregiato saggio storico sull’evoluzione dell’ensemble di fiati-percussioni, è una delle parti più interessanti di tutto il lavoro voziano. Le trenta pagine meriterebbero di essere prese così come giacciono e inserite nei manuali di storia della musica per colmare un vuoto musicologico, che non ha più motivo d’essere. Credo che dopo la pubblicazione del libro esse potranno costituire un punto di riferimento sicuro ed esaustivo per qualsiasi altra ricerca sull’argomento. L’autore, dunque, partendo dal VI secolo a. C. giunge all’epoca contemporanea seguendone scrupolosamente il percorso storico con attenzione e perizia, arricchendolo di date, apportando nomi di autori e di opere, adducendo citazioni di libri e scritti, e corredando il capitolo di rare ed interessanti immagini. Nella stessa parte si addentra anche in problematiche e descrizioni che vanno al di là delle premesse nell’ansia di comunicare quanto egli stesso ha appreso con grande impegno e, forse, anche con qualche difficoltà soprattutto quando tratta dei linguaggi musicali post-tonali. Per tale impegno non posso esimermi dall’esprimere allo studioso profondi sensi di stima e compiacimento.

La prima parte del libro si conclude con altri quattro paragrafi di cui i primi due - L’organico strumentale e Gli organici vesselliani - di particolare importanza; poi L’importanza della formazione in una banda e Gli aspetti fiscali.

L’organico strumentale costituisce un piccolo trattato di organologia musicale in cui si prendono in esame tutti gli strumenti ancora utilizzati nella banda e quelli desueti come il Terzino, l’Oficleide, l’Helicon e il Sarrusofono, di cui si offre la descrizione morfologica, il tempo e le circostanze della nascita, i costruttori, l’impiego e i motivi del disuso.

Gli organici vesselliani richiamano ancora l’attenzione dello studioso sul riformatore della banda, Alessandro Vessella, per far conoscere più specificamente il contenuto della sua riforma. Nel paragrafo, infatti, si presentano i vari organici bandisti con il numero e gli strumenti specifici: la Piccola Banda costituita da 35 elementi, la Media Banda costituita da 54 strumenti, la Grande Banda costituita da 102 esecutori. Si chiarisce anche la motivazione della grande varietà strumentale che risiede nella volontà del riformatore di far emergere dal tutto i singoli timbri che evidenziano la varietà dei colori sonori. Completa la classificazione la Banda da concerto (orchestra di fiati o banda sinfonica) che include al proprio interno anche strumenti non propriamente bandistici come arpa, pianoforte, chitarre, che si esibisce su palco e mai in cammino; la Banda in palcoscenico inserita all’interno di determinate opere e si esibisce il più delle volte senza mostrarsi al pubblico; la Banda da parate che si esprime durante le parate militari; la Fanfara, altra formazione da parata, costituita però esclusivamente da ottoni; la Banda di ottoni (brassband) che è una banda da concerto formata da ottoni e percussioni.

Gli ultimi due paragrafi, L’importanza della formazione in una banda e Gli aspetti fiscali li qualificherei “aurei ornamenti” nell’ambito della trattazione in quanto, pur non apparendo di fondamentale importanza nell’ambito dell’evoluzione storica della banda in senso strettamente musicale, ne completano ad extra il quadro. In particolare, a proposito de L’importanza della formazione in una banda, un po’ di reticenza mi nasce dal fato che, se l’insieme dei personaggi elencati costituisce la perfezione dell’organizzazione, il disaccordo che potrebbe nascere tra loro - “dove ci sono più galli a cantare non fa mai giorno” - rischia di nuocere alla vita stessa dell’ensemble.

La seconda parte del libro si concentra sulla città di Eboli, sul territorio ebolitano e sulla sua Banda musicale.

Il primo paragrafo, Un po’ di storia: Eboli postunitaria è di singolare interesse. Probabilmente per l’autore è storia conosciuta dalla fanciullezza, storia sentita e raccontata chissà quante volte, ma per chi la legge la prima volta risulta essere, pur nella sua essenzialità, un resoconto geo-storico-sociale-politico-amministrativo non solo esauriente, ma affascinante. L’elemento che colpisce più che la mente, il cuore del lettore, è la passione che si intravede in un racconto che non è semplice sintesi storica acquisita da fonti sempre scrupolosamente citate - Tajani, Bordiga, Cestaro, Barra, Paesano, ecc. - ma la partecipazione al racconto che non appare altro da sé, ma storia propria di cui si può parlare solo con amore e trasporto. Le poche pagine costituiscono la radiografia del territorio ebolitano dalla seconda metà dell’Ottocento a dopo il terremoto del 23 novembre 1980. La successione dei fonogrammi presenta l’evoluzione della città e del territorio da quando la Piana era zona paludosa e malarica in mano a latifondisti i cui fittavoli potevano dedicarsi solo alla coltura delle bufale produttrici di “ottimo latte che permise lo sviluppo del settore lattiero-caseario d’esportazione”, alla successiva bonifica soprattutto nel periodo fascista che permise al territorio la coltivazione del pomodoro, del tabacco, dei cereali, di gran varietà di frutta e agrumi. Alla descrizione della trasformazione agraria, l’autore coniuga quella politica e amministrativa che registra le alterne vicende e le diverse situazioni che si succedono nel corso di oltre un secolo, quelle infrastrutturali - strade di collegamento tra Lucania, Calabria e Puglia, via ferroviaria, reti di collettori fognari, di illuminazioni elettriche, acquedotto, campo sportivo, ecc. -, infine gli effetti delle due guerre mondiali.

L’ultimo paragrafo - una ottantina di pagine -, che corrisponde al titolo e all’intento primario della pubblicazione, è La Banda musicale ad Eboli: la sua storia e la sua evoluzione. Se si esclude l’Appendice che occupa oltre un terzo del libro, questa è la parte non solo più interessante, ma anche più corposa. Un primo aspetto, che impressiona anche il lettore disattento, è la documentazione fotografica (31 immagini) copiosa e singolare, la quale testimonia un impegno sociale e musicale, che non è stato un corollario, ma una caratteristica di Eboli. Il nostro storico, come sempre, è stato attento a segnalare anche dettagli relativi a tale materiale.

Ed ora vorrei tentare di offrire al lettore una panoramica storica di quanto il caro Armando ci ha fornito.

“Quando i francesi lasciarono l’Italia - esordisce lo studioso - sorsero un po’ ovunque iniziative per formare piccoli complessi che allietassero i giorni di festa”. In questo contesto il Voza colloca l’inizio della vita musicale bandistica ebolitana. Ne fissa la data al 1857 e ne indica anche il direttore nella persona del M° Vincenzo Scoles. Sotto il profilo sociologico il Nostro ne rinviene la motivazione nella volontà, da parte degli ebolitani, di vivere la musica, anche quella grande del mondo lirico e sinfonico. L’impossibilità quasi assoluta di accedere ai grandi teatri lirici e alle sale da concerto, incentivò ad Eboli la creazione di complessi musicali locali - “le liriche dei poveri” - che permise a tutti la fruizione della grande musica nelle trascrizioni per banda.

Il 31 gennaio 1871 è un’altra data fondamentale nella storia della banda ebolitana: fu l’anno in cui il M° Vincenzo Zurlo, che già dal 1868 la dirigeva, ne diventò direttore di diritto per cinque anni, avendo vinto il concorso che vide perdente il M° Scoles.

I Savoia, che intanto si erano impossessati anche del Meridione d’Italia, permisero sovvenzionamenti a carico delle Amministrazioni comunali alle sole bande militari munite di regolamento. La cosa stimola il nostro storico ad un’amara costatazione che condivido pienamente: “la storia è sempre scritta dai vincitori”. Pertanto la nostra storia andrebbe riscritta alla luce di una più oggettiva verità.

Un particolare interessante della prima vita della Banda municipale di Eboli è la sua partecipazione, il 21 ottobre 1861, “ai festeggiamenti per il plebiscito per l’Unità d’Italia”.

Il 1875 è un’altra data importante per la vita musicale ebolitana in quanto alla Banda viene abbinata anche una Scuola musicale come già ve n’era stata nel lontanissimo Cinquecento. Nel ’75, dunque, scadendo il contratto quinquennale del M° Zurlo, si rimise a concorso il posto che vide, questa volta, vincitore lo Scoles con grande disappunto di alcuni bandisti. In tale contesto s’istituì la Scuola che venne affidata allo Zurlo fino al 1877 e poi allo Scoles, trasformata, però, in scuola di strumenti a corda e legno. Nello stesso anno - 1877 - viene rinnovato l’impegno economico del Comune per altro quinquennio. Durante questo mandato e precisamente nel 1878, lo Zurlo compone una Marcia per la morte di Vittorio Emanuele II. Scriverà altri due brani per banda, Le rose e Capriccio, che arricchiranno quel repertorio della Banda, di cui il Voza riporterà scrupolosamente l’elenco. Purtroppo di tutta quella musica è rimasto niente o quasi.

La storia della banda di Eboli, insieme alle tante cose buone realizzate, ha registrato anche costanti atti d’insubordinazione da parte di bandisti, che ne hanno causato più volte lo scioglimento. Il 1883 è stato uno di questi anni negativi in cui, per la indisciplinatezza di ventuno componenti, il Consiglio comunale venne alla determinazione di sciogliere l’ensemble strumentale anche se, quasi contestualmente, esso fu ricostituito in maniera privata sotto forma di Società di Mutuo Soccorso “Fede e Lavoro”. Il nostro storico riconnette questa entità a quelle analoghe Società di Mutuo Soccorso che sopravvissero dal tempo dei Romani fino all’epoca in questione.

L’abolizione del complesso bandistico municipale non intacca la vita della Scuola Musicale affidata allo Scoles che continuerà nel tempo. In un successivo scioglimento della banda cittadina sarà proprio questa Scuola Musicale ad ereditarne gli strumenti.

Nel 1887 l’Amministrazione Comunale riassorbe la banda privata che diventa così ensemble municipale. Si bandisce anche il concorso per il posto del direttore, che sarà vinto dal M° Luigi Quagliata, il quale dirigerà il complesso bandistico cittadino dal 1887 al 1896.

Nel 1894 si registrano ancora atti d’insubordinazione da parte di bandisti, che nel ’97 porteranno l’Amministrazione Comunale ad estromettere il Quagliata. Questi, a sua volta, nel 1903 invierà all’Autorità amministrativa di Eboli una lettera in difesa della propria persona e del proprio operato e chiederà la realizzazione di un suo reclamo rimasto inevaso.

Intanto per il quinquennio 1898-1902 il Comune stipulò un nuovo contratto con i componenti della Banda. Al posto del Quagliata, fu nominato il M° Lorenzo Vitale, che diresse la Banda per circa un ventennio.

Allo scadere del contratto del quinquennio 1905-1909, alcuni bandisti si elessero come capobanda - figura diversa dal direttore - il sig. Muscariello Antonio.

Nel periodo in cui la banda fu diretta dal M° Vitale, si determinarono frequenti conflitti tra Maestro e componenti dell’orchestra con reciproci accuse e segnalazioni ai Consiglieri comunali. Altre difficoltà furono determinate dalla mancanza di divise, di strumenti musicali, del luogo per le prove e dai reclami di bandisti, quali Vincenzo Amendola ed Enrico Mastrangelo.

Nel frattempo Battipaglia, allora frazione di Eboli che reclama almeno due concerti l’anno di cui uno obbligatoriamente per la festa della Madonna della Speranza, nel 1906 istituisce una propria Banda musicale, alla quale l’Amministrazione Comunale del capoluogo elargisce sussidi, ma anche obbligazioni.

Nel 1908 un nuovo decreto del Sindaco sospende a tempo indeterminato il corpo bandistico con conseguente rincrudimento dei rapporti tra Comune e bandisti.

Nel dicembre del 1909, però, ritenendosi la Banda un’istituzione storica ed unico diletto per la popolazione, viene ricostituita per un nuovo il quinquennio 1 910-1914, che trascorre relativamente sereno.

Al suo scadere, intanto, il sindaco fa sapere che, per i dissensi sorti in seno alla banda, l’Amministrazione Comunale non può riconfermarle il precedente impegno. Però, come già avvenuto in passato, si parla e si rafforza l’idea di una scuola di musica come entità e caratteristica cittadina.

Inoltre per il complesso bandistico di Battipaglia, costituito da trenta elementi, viene nominato direttore il M° Luigi Quagliata con decorrenza 1° maggio-31 dicembre 1910.

Durante il periodo della Prima Guerra Mondiale, mancando diversi elementi impegnati sui fronti del conflitto, la Banda non svolse attività. Alla fine del 1919 il Consiglio comunale, essendo sopravvenute difficoltà al rinnovo del contratto con la Banda, lo proroga al dicembre del 1920.

Un gesto ammirevole dell’Amministrazione Comunale nell’immediato dopoguerra fu il riconoscimento di un indennizzo ai bandisti che erano stati al fronte.

Nel 1920, invece, avvenne un increscioso episodio che registrò l’aggressione del M° Lorenzo Vitale da parte del bandista Domenico Lisanti durante il percorso esequiale della defunta Maria Inglese.

Alla fine del 1921 si ha un ennesimo temporaneo scioglimento della Banda, che rinasce nel gennaio del ’23. Nel maggio dello stesso anno si assiste ancora ad un fatto increscioso: una rissa durante un pubblico concerto che viene interrotto a causa di scambio di accuse e ingiurie tra qualche bandista e qualche amministratore locale. A quel punto il Consiglio comunale sciolse definitivamente la Banda che, l’anno successivo - 1924 -, rinacque in forma privata. Il Comune, però, la sostenne con contributi per singole prestazioni.

Nel 1929 si registra una lodevole iniziativa: l’istituzione, nel corso delle scuole primarie, dell’insegnamento del canto e della musica, che viene affidato, prima per incarico diretto e poi per concorso, alla maestra Alfonsina Vitale, figlia del M° Lorenzo andato in pensione. Tale insegnamento durò fino al 1946, quando venne soppresso per mancanza d’interesse da parte degli alunni.

L’epoca fascista privilegiò la musica sia come strumento di piacere che come mezzo di formazione.

Nel 1930 ritroviamo: una banda che suona per l’entrata in guerra dell’Italia; la Direzione dell’Asilo infantile che acquista un apparecchio musicale a disco per insegnare ai bambini gli inni patriottici; la costituzione della fanfara della GIL (Gioventù Italiana Littoria); le serate musicali per i soldati del 42° Reggimento di Fanteria; l’allestimento di una cassa armonica in piazza per i pubblici concerti.

Nel dopoguerra ritroviamo ancora una Banda amatoriale.

Agli inizi degli anni sessanta si intravedono i germi di una banda musicale con il prof. Marco Antonio Cudillo, persona enigmatica giunta ad Eboli per invito del religioso Fra’ Pietro che l’aveva conosciuto a Palma Campania lavorando in una struttura per portatori di handicap. Il Cudillo inizia come professore di ripetizione e tutor di ragazzi nel loro percorso scolastico, nel quale ben presto inserisce anche la musica avvalendosi della collaborazione di docenti qualificati come il M° Carmine De Rosa docente di pianoforte all’Istituto Matteo Ripa di Eboli, Bonaventura Megaro clarinettista, Angelo Siani sassofonista. La simpatia che questi ragazzi nutrivano per il corpo dei Bersaglieri li spinse a formare una Fanfara, che fu chiamata banda dei “Mini bersaglieri di Eboli”. L’ensemble sperimentò anche qualche momento di gloria come quando partecipò alla trasmissione RAI, “Portobello” condotta da Enzo Tortora, o quando “suonò insieme alla vera Fanfara dei Bersaglieri a Milano”. I fasti dei “Mini bersaglieri” determinarono un gratificante ritorno pubblicitario, che procurò loro una ottantina di inviti per esibizioni concertistiche. La vita musicale della Fanfara continuò dopo la morte del Cudillo con i maestri Michele Fiore di Controne (1977 / ’79) e, dal 1980, con il M° Antonio Santimone che la diresse per qualche anno. Sia il Fiore che il Santimone s’industriarono per far sì che i mini-concertisti realizzassero anche qualche rimborso spese per le loro prestazioni da coniugare con la soddisfazione del successo. Il giovane complesso bandistico sopravvisse fino al 1988 “quando, non avendo più ricambio a causa degli impegni di lavoro, dei trasferimenti al nord o all’estero dei suoi migliori musicisti,” si estinse. A memoria della sua fervida stagione concertistica venne realizzato il monumento “Un pugno di ragazzi, un uomo, un sacerdote”.

Dal 1988 al 1997 vi fu più ombra che realtà di vita bandistica, nonostante l’impegno dei Maestri Vito Mercurio, Cosimo ed Antonio Panico. Seguì un periodo di sette anni di silenzio fino al 2004 quando si ricostituì una Banda, che visse fino al 2007. Nel 2010 troviamo ancora un complesso di fiati con il nome, “Città di Eboli” che “si esibisce prevalentemente fuori dai confini cittadini; le uscite in giro per tutt’Italia risultano essere oltre un centinaio all’anno ricevendo ovunque attestati di apprezzamento”.

Nell’agosto del 2010 nasce la Fanfara dei Bersaglieri, attualmente costituita da quaranta elementi, parte integrante dell’Associazione Nazionale Bersaglieri di Eboli Piana del Sele “Gen. A. Scrimieri”, con presidente il colonnello E. Martone.

La recente istituzione di un Liceo musicale garantirà alla città di Eboli la continuazione di quella plurisecolare gloriosa storia musicale descritta con scrupolosità e passione dal nostro stimato ricercatore, Armando Voza.

La pregevole pubblicazione chiude con un’Appendice di circa 130 pagine già menzionata in precedenza. Essa raccoglie una quarantina e più di dati documentari tra leggi, delibere, lettere ufficiali, rassegna stampa e spartiti musicali. La sua presenza sta ad indicare impegno nella ricerca, serietà scientifica, credibilità del lavoro, premessa sicura per qualsiasi ulteriore approfondimento della Vera storia della Banda Musicale della città di Eboli”.

 

Conclusione

Gli elementi che caratterizzano la vita della banda di Eboli così come emergono dai documenti che il Voza ha riportato alla luce sono: una granitica volontà da parte della città di avere un complesso bandistico in maniera costante almeno dal 1857 in poi; le difficoltà sempre emergenti, sia relative all’habitat per le prove, sia relative agli acquisti periodici delle divise che ovviamente andavano soggette ad usura, sia relative agli strumenti che dovevano essere continuamente riparati; le discordie continue tra bandisti; tra questi e maestri, soprattutto Lorenzo Vitale; tra bandisti e Amministrazione Comunale; le continue soppressioni dell’ensemble di fiati la sua immancabile rinascita.

La lettura delle ottanta e più pagine relative alla vita della Banda di Eboli presenta qualche difficoltà perché sembra essere stata concepita non tanto come storia logico-cronologica del Complesso bandistico ebolitano, quanto piuttosto come ricerca documentaria per una sua storia. Da qui nascono le eccellenti qualità che la denotano. Non c’è nessuna affermazione da parte dello studioso senza che egli ne citi la fonte. Si direbbe che l’interesse dell’autore non sia stato tanto quello estetico-narrativo, quanto quello dialettico-critico. Infatti l’ampia Appendice che correda l’aureo libro e che completa il numero già alto dei documenti citati e addotti nel corpo della pubblicazione, ne è una chiara testimonianza, come già detto altrove.

Pertanto, a tal proposito, credo di poter affermare ancora che un eventuale futuro studioso che si accinga a trattare lo stesso argomento, dovrà sentirsi non poco debitore al Voza per le ricerche documentarie effettuate. Raccogliere un numero così elevato di documenti; sistemarli in ordine cronologico; offrirli generosamente al lettore perché possa lui stesso, sulla loro base, farsi un’idea della realtà storica, è davvero singolare anche perché non tutti gli studiosi offrono questa possibilità ai loro lettori. Spesso o non si indicano le fonti oppure, addirittura, si distruggono per evitare che altri possano compiere l’analogo percorso. Chi scrive si è imbattuto - e non una sola volta - in situazioni del genere. Da ciò il rinnovato riconoscimento della piena onestà intellettuale al nostro Armando, al quale va tributato un grande merito per l’opera compiuta, un sincero plauso per l’impegno profuso, un vivo compiacimento per il risultato conseguito.

 

Paolo Saturno

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