Il vino secondo Mazzola 2

Il filosofo che alberga nella mente di Mazzola emerge prorompente ogni qualvolta è stimolato a disquisire di vino.

Appena sollecitato, afferma che: «Il vino è come una donna, prima bisogna conoscerlo e amarlo per apprezzarne le virtù».

E mentre parla, sembra accendersi di fuoco sacro; i suoi occhi irradiano una luce di gioia e la sua figura pare ieratica. Nel suo vottaro ogni anno a Natale allestisce un singolare presepe ispirato proprio al mondo del vino.

All'inizio di settembre, poi, immancabilmente è intento a preparare gli strumenti adatti per un'adeguata accoglienza all'uva che sarà poi raccolta nella vendemmia.

Pulisce le botti, i tinelli, l'astringituro, lava bottiglie, bottiglioni, caraffe, lavieddi e piretti.

Appena la cantina è pronta e l'uva è matura al punto giusto, si può vendemmiare.

Fino a qua1cìe tempo fa l’uva raccolta era messa in grandi cesti e trasportata a dorso di asini che i contadini si scambiavano a rotazione. La solidarietà è sempre stata una consuetudine di vita sociale per queste terre, una sorta di mutua intesa ove ognuno presta la propria disinteressata collaborazione a chi ne ha bisogno. Paradigma di una società rurale semplice e genuina che ancora oggi resiste tra questi colli, a dispetto dell'interesse di parte e del proprio tornaconto.

In ogni vottaro durante il periodo vendemmiale ancora adesso si tramanda la tradizione di appendere dei grappoli d'uva al soffitto, perché dice Mazzola: «No vottaro senza piennici nonn 'è vottaro».

Mazzola (questo pseudonimo gli fu appioppato quando era di pochi anni per la forte passione che lo legava al fuoriclasse Valentino Mazzola) è stato sempre un personaggio di spicco nel suo paese. Si potrebbe definire un enfant du pays, o meglio ancora un Genius loci, perché come afferma Servio nel commento all'Eneide: "Nullus locus sine Genio". Un vero personaggio, quindi, per quella sua aria perennemente scanzonata e per la straordinaria capacità di saper interagire con la sintesi culturale della sua terra, che da sempre ha caratterizzato il modus vivendi della gente locale. Uomini e donne dediti a un lavoro primordiale oltremodo faticoso nel curare non solo la vigna, ma anche un terreno arido, difficile e sparagnino.

I frutti che vi si raccolgono, infatti, sono proporzionalmente insufficienti, mentre la fatica manda in giro le persone piegate in due. Qui per secoli non sono mai arrivati gli strumenti più moderni per facilitare il lavoro nei campi. E, nonostante questo, la cittadina di Moio della Civitella e la sua frazione Pellare sono state da sempre considerate sinonimo di vino buono, tanto più adesso che territorialmente ricadono nella DOC Cilento e nella IGT Paestum.

Torniamo ancora a parlare di Mazzola. Egli è un uomo schietto, semplice e umile; attaccato morbosamente alla sua terra d'origine e alle sue tradizioni storico-culturali.

E poi è un ricercatore caparbio, certosino e instancabile di storie e di vitigni legati al suo territorio.

Non si accontenta mai, è perennemente teso alla scoperta di novità. Vuole recitare il ruolo di protagonista nel suo ambito, non per motivi di esibizionismo o di orgoglio, ma perché vuole contribuire alla crescita socio-economico-agricola di tutto il comprensorio, senza attribuirsi meriti particolari.

E per questo egli è diventato una concreta "risorsa" e un punto di riferimento per tutto il territorio.

Un'altra peculiare dote che contraddistingue Mazzola poi è quella di essere sempre molto chiaro e conciso nelle sue esposizioni, senza fronzoli e senza far uso di termini tecnici ermetici.

E' anche propositivo e, soprattutto, è un bravo vigneron!

• Vottaro - cantina

• Astringituro - torchio

• Lavieddo - contenitore di legno

• Piretto - contenitore di vetro a forma di pera

• Piennici - grappoli appesi al soffitto della cantina.

Scrivi una recensione