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I viali di un giardino…! Uomini da non dimenticare

I viali di un giardino…! Uomini da non dimenticare

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«I luoghi continuano a vivere fino a quando qualcuno ne avrà ricordo». Mutuo questa verità dall’antropologo Vito Teti nel pieno convincimento che essa tanto più vale per le persone, ed è per questo che ho proposto subito all’autore di questo libro di eliminare la sezione inizialmente dedicata esclusivamente ai “viventi” e di riordinare tutto in un’unica «sequenza articolata di generazioni», per come direbbe lo scrittore e poeta Jose Tolentino de Mendonça.
A partire dalla fine del Cinquecento si presenta così, ai nostri occhi, una lunga teoria di persone – una buona sessantina – che con questo meritorio lavoro Giuseppe Aromando ri...trae in qualche modo a nuova vita: scongiurandone l’oblio – e dunque la definitiva morte – in alcuni casi; in talaltri sottolineandone alcune particolari azioni e produzioni, così da assicurar loro – compresi gli attuali “viventi” – autenticità e pienezza di vita. È con questa accezione che vorrei, dunque, preparare il lettore – semmai potesse risultargli utile – a scorrere questa galleria di... ritratti.
L’indubbia diversità, stilistica e contenutistica, degli stessi impone un ulteriore punto di attenzione: in questi ritratti c’è sicuramente l’unicità di ciascun soggetto, che vibrando del proprio essere non si è lasciato omologare in un monotono timbro narrativo. Non lo avrebbero, perciò, permesso le persone ritratte, ma non vi sarebbe riuscito – seppure avesse voluto – lo stesso autore... e con buona ragione. In questo lungo cimento – dove già lo scorrere del tempo impiegato lo ha trovato via via diverso – Giuseppe Aromando si è mosso, sì, con quella precisione di storico che lo ha portato ad usare per tutti una ben documentata base di fondatezza, ma si è poi anche lasciato andare, comprensibilmente, alla propria sensibilità, nella quale i volti e le vicende di un passato più o meno lontano e di un presente più o meno vicino sono andati a trovare ora uno specchio, ora un filtro.
Si aggiungano, a ciò, le relazioni dirette che l’autore ha intrattenuto con non poche delle persone ritratte: una condizione umana che, se talvolta lo ha letteralmente lanciato in una narrazione fluida e magari anche straripante (specchio di straripanti affetti, si badi bene!), in altri casi lo ha ritratto – questa volta nel senso di ristretto – in un racconto quasi ai limiti dell’essenziale, se non addirittura affidato alle note dichiaratamente elaborategli da chi poteva meglio e più direttamente dire, sia pure in sintesi.
Una ricerca, quella del “dire al meglio possibile”, che fa sì che in questa galleria di ritratti si trovi poi anche un... autoritratto. Che può voler significare? Che il nostro Giuseppe si è alfine stancato e ha passato la penna direttamente nelle mani dell’interessato? Non direi proprio! Mi pare, piuttosto, di leggere in questa scelta l’indizio per una duplice prospettiva.
La prima è quella di recuperare – nessuno escluso e nelle modalità più congeniali – la voglia di raccontarsi, fosse pure e solo per alcuni fotogrammi della propria esistenza. Quanto ne uscirebbe incredibilmente più ricca la vita di ciascuno di noi in questo intrecciarsi reciproco di storie, che sono poi la Storia delle nostre famiglie, delle nostre comunità, delle nostre terre! Una storia altrimenti ancora parziale, come questo stesso libro dimostra, ad esempio, con i suoi ritratti pressoché interamente al maschile.
La seconda prospettiva che mi pare di scorgere è che questo libro possa diffusamente offrirsi come strumento affinché la relazione, che abbiamo visto così variamente articolata tra l’autore e le persone ritratte, si riproponga tra queste e ciascuno dei lettori, così che ognuno possa sentirsi in qualche modo amico – o maggiormente amico – di qualcuno di loro. Sì, amico: non sembri esagerato il termine, giacché è proprio questo il sentimento che pian piano si fa strada quando capita di leggere e affezionarsi particolarmente alla storia di qualcuno, specialmente quando si tratta di «storie di dedizione e generosità» (per dirla, ancora una volta, col cardinale Tolentino, Amicizia. Un incontro che riempie la vita, Piemme, Milano 2023) ricche di «un capitale di conoscenza e sapienza»... e qui ce ne sono tante!
E siccome le amicizie vanno coltivate, ci sarà senz’altro chi amerà approfondire la conoscenza partendo proprio da quelle prime indicazioni bibliografiche che Giuseppe Aromando si è preoccupato il più possibile di dare in nota e talvolta, anche diffusamente, nel testo stesso. Oppure sarà proprio l’assenza o povertà delle fonti, o l’essere qualche ritratto più propriamente soltanto uno schizzo, a stimolare più ampie e approfondite ricerche. Ci ritroveremo, in ogni caso, davanti a nuove occasioni per riprovare quel senso di stupore che già queste pagine suscitano diffusamente.
In tale duplice prospettiva fondo, dunque, i miei auguri per il futuro, non solo immediato, di questo libro e, facendomi interprete del sentimento che sicuramente albergherà in ogni lettore, esprimo profonda gratitudine a Giuseppe Aromando per aver pensato e infine portato a compimento un lavoro non facile e dalle non poche insidie.

Antonello Sica

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